Rocambole Garufi, “La Guerra Civile spagnola senza retorica conformista: “Omaggio alla Catalogna” di George Orwell

VII

La guerra civile spagnola senza la retorica conformista: Omaggio alla Catalogna di George Orwell

di Rocambole Garufi

Dal 1936 al 1940 la guerra civile insanguinò la Spagna e molti intellettuali anti-fascisti videro in essa il luogo di scontro tra due modi inconciliabili di intendere la vita. Si assistette, così, ad una internazionalizzazione del conflitto che sembrò preludere ai termini ideologici con i quali, poi, si è imposta la II guerra mondiale.

Al di là degli interventi ufficiali delle varie nazioni (Italia, Germania, Unione Sovietica), la novità della guerra di Spagna fu l’accorrere sotto le bandiere repubblicane degli uomini delle cosiddette Brigate Internazionali. Gli anti-fascisti di tutti i paesi trovarono in Spagna la maniera di combattere un regime che, spesso, era stato più forte di loro in patria.

Di fronte a questi avvenimenti, la posizione del governo inglese fu di neutralità. Ma, in compenso, abbastanza numerosi furono i volontari inglesi. Li organizzava il Partito Comunista Britannico, nato nel 1920.

Il primo gruppo che partì fu quello capeggiato dagli operai San Masters e Nat Cohen. La prima inglese morta in terra di Spagna fu l’artista Felicia Browne.

Non mancarono fra i volontari inglesi, che raggiunsero il numero di 4000, i nomi illustri: lo scienziato Lorimer Birch, gli scrittori Auden, Spender, Cronford e il nostro Orwell.

Per spiegare questo entusiasmo degli intellettuali per la lotta che si svolgeva in Spagna possono risultare illuminanti le parole che al riguardo ha scritto Stephen Spender:

“… lo scrittore che si rifiuta di prendere atto della natura della nostra epoca si estranea da un’esperienza nella quale è anch’egli coinvolto. Ma perché non deve rifiutare? Perché una sua esclusione dagli avvenimenti influirebbe sul valore delle sue opere” 1.

Inoltre, in Spagna vi era l’occasione di un riscatto etico: la possibilità di combattere concretamente per le proprie idee, di abbandonare le parole a favore dei fatti.

Infatti, dopo il dilagare della guerra civile si offre all’intellettuale: “… da una parte l’occasione di rendere operante una scelta di classe, dall’altra sembra dimostrare che è ancora possibile per l’individuo, più che per il poeta, decidere con la partecipazione a una giusta causa il destino dei popoli” 2.

Insomma, per molti intellettuali la guerra di Spagna fu l’occasione per trovare una nuova linfa d’arte e per reinserirsi nel circuito della storia.

Rispetto a Spender, Auden e gli altri, Orwell, però, arrivo in Spagna in maniera più casuale. Ciò risulta da uno scritto trovato dopo la sua morte, Notes on the Spanish Militias.

Egli voleva andare in Spagna per raccogliere del materiale ed eventualmente per combattere (solo se, una volta lì, avesse ritenuto che ne valesse la pena).

Per fare ciò, si era rivolto a John Strachey del Left Book Club, il quale lo aveva presentato a Herry Pallit del Partito Comunista. Ma, alla domanda se fosse stato eventualmente disposto a far parte di una brigata internazionale, lo scrittore rispose di no, almeno fino a quando non si fosse reso conto di persona della situazione.

Per questo l’incontro non approdò a nulla. Orwell, poi, si era rivolto al Partito Laburista Indipendente, formazione molto più tollerante sul versante della disciplina interna, che lo aveva fornito di una lettera di presentazione indirizzata a John McNair, un iscritto che già operava a Barcellona.

Orwell arrivò in Spagna verso la fine di dicembre lì si arruolò sulle milizie del P.O.U.M. (Partito Operaio di Unificazione Marxista), una organizzazione di Estrema Sinistra vicina alle idee trotzkiste, dissidente dalla linea staliniana dei partiti comunisti ufficiali.

Il libro di Orwell prende l’avvio dal momento della sua adesione al P.O.U.M. Già nell’”incipit” lo scrittore ci dà uno spaccato di quello che era lo spirito che animava i combattenti. La descrizione che egli fa di un miliziano italiano è di quelle che s’imprimono bene nella memoria per la caratteristica che ha di simbolo di un’intera categoria umana. Egli è massiccio e rozzo, ma ingenuamente fiero e pieno di vita (ed è sintomatico che Orwell, nel descrivere una delle poche figure simpatiche della sua letteratura, dice che aveva “una faccia da anarchico”). Sembra che egli avesse già intuito che la disciplina di partito è la premessa della morte spirituale di 1984.

Il libro, lasciata ben presto l’intonazione modernamente epica, s’inoltra nella descrizione della vita di trincea, dove la cosa che salta subito agli occhi è l’estrema disorganizzazione e l’approssimazione con cui pareva che la guerra fosse affrontata.

Il Nostro, però, in questa girandola di entusiasmi, slogan ed eroismi non dovette trovarsi troppo male. I suoi compagni erano le persone più vicine al suo ideale di vita: individui che credevano soprattutto nella loro personale libertà e combattevano contro la società che mortifica la persona singola.

Tornato dal fronte in licenza a Barcellona, Orwell visse le giornate del maggio 1937, quando si scatenò la lotta tra i comunisti teleguidati dall’URSS e le formazioni trotzkiste ed anarchiche. Evidentemente, qui incominciò la crisi dello scrittore, crisi che si svilupperà fino alle estreme conseguenze di Animal Farm e di 1984.

Trattasi, prima di tutto, della sfiducia nella possibilità dell’uomo di conquistare la libertà. La Spagna è un sogno svanito sotto i colpi della “real politik” sovietica. Lì le idee sono state strumentalizzate. Ai comunisti, infatti, sembra che interessi di più lottare contro le altre formazioni di sinistra che contro i franchisti…

Evidentemente, in ciò c’era più un progetto di egemonia che di liberazione. Rientrato al fronte, Orwell venne seriamente ferito alla gola nell’assedio di Huesca. Durante la convalescenza, il P.O.U.M. venne dichiarato illegale ed il Nostro, di colpo, si ritrovò ad essere, da generoso combattente per la libertà, un bieco traditore da uccidere.

Lo scrittore per salvarsi dovette nascondersi e fuggire dalla Spagna. Così:

“L’esperienza spagnola di Orwell è dunque segnata da una progressiva disillusione: nei confronti delle forze politiche che alla prova dei fatti si mostrano strumenti di conservazione, di disarmo ideologico e materiale delle masse in lotta (gli staliniani), e nei confronti di formazioni di sinistra dai contorni sia organizzativamente che programmaticamente confusi, che contribuiscono ad accrescere la sensazione di caos sul piano politico come su quello militare, anche il rischio d’esserne le prime vittime (gli anarchici, lo stesso P.O.U.M.)” 3.

Ma a questo punto sarà bene chiarire il carattere non autobiografico della delusione di Orwell, come giustamente sottolinea Lionel Trilling, che così scrive:

“Orwell’s book, in one of its most significant aspects, is about disillusionment mith communism, but it is not a confession” 4.

I termini della crisi di Orwell andavano più in là del semplice risentimento personale. Egli incominciava a vedere la storia come semplice lotta per il potere ed incominciava a vedere lo svilupparsi del potere come uccisione della storia dell’uomo.

1  S. Spender, World Within World, Londra, 1951, citato in Stefano Manferlotti, op.cit., pagg. 49-50.

2 Stefano Manferlotti, op.cit., pag. 50.

3 Mario Maffi, “‘Introduzione”, in George Orwell, Omaggio alla Catalogna, Milano, Mondadori, 1982, pag. IX.

4 Lionel Trilling, George Orwell and the politcs of truth in George Orwell: “a collection of critical essays”, op. cit., pag.62:”il lbro trad: di Orwell in uno dei suoi aspetti più significativi, parla della disillusione nei confronti del comunismo, ma non è una confessione”.

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