Rocambole Garufi: “Aveva ragione George Orwell? Il proletariato è morto?”

XVI

Aveva ragione George Orwell? Il proletariato è morto?

di Rocambole Garufi

Già ad una lettura della precedente opera di Orwell, balza agli occhi che le lunghe mani del potere non abbracciano mai l’intero corpo sociale. Le classi più povere e le frange emarginate sfuggono sempre al suo pieno controllo. In Down and Out in Paris and London, per esempio, il mondo dei vagabondi (specie nella sezione parigina del libro) appariva intellettualmente più vivo della

piccola-borghesia medio-elevata in Keep the Aspidistra Flying e di Coming up for Air.

In Homage to Catalonia, poi, il cencioso esercito anarchista del P.O.U.M. (lesercito dei perdenti, quello nelle cui fila, tanto per cambiare, si trovava Orwell) lascia nel lettore un’indelebile traccia di simpatia per la grande libertà interiore che i suoi soldati posseggono. Sarebbe, però, sbagliato interpretare questi riscontri che si trovano nell’opera di Orwell come semplice equazione povertà=libertà. La povertà (e ciò che Orwell l’ha detto più volte a chiare lettere) porta con sé colo squallore. L’equazione giusta è un’altra ed è di tipo inversamente proporzionale: più vicini si è ai centri decisionali e meno si è liberi. Il potere, paradossalmente, priva chi lo inseue della libertà di dire chiaramente ciò che pensa. I poveri di Down and Out in Paris and London e gli anarchici di Homage to Catalonia sono lontani anni-luce dal potere e il potere non li tiene nemmeno in considerazione. Per questo, e non per la loro povertà o per la loro emarginazione, essi sono più liberi.

Così, in 1984 l’unica classe che ha conservato l’antica autenticità è quella dei proletari. Essi solo si permettono il lusso di dire liberamente ciò che pensano, senza alcuna paura delle conseguenze che potrebbero derivare loro. Questo perché fa di tutto per circondarli del disprezzo generale. Anzi, mira quasi a rinchiuderli in una specie di limbo sociale, in un recinto di pregiudizi. Il commento di un membro del Partito riguardo ai proletari (in Neo-lingua: proles) è infatti questo: “The proles are not human beings” 1.

Ma l’isolamento in una società impazzita è forse la sola speranza d salvezza. Per questo il ribelle Winston può scrivere nel suo diario: “If there is hope, wrote Winston, it lies in the proles. “If there was hope, it must lie in the proles, because only there, in those swarming disregarded masses, 85 per cent. Of the population of Oceania, could the force to destroy the Party ever be generated. The Party could not be overthrown from within. Its enemies, if it had any enemies;

had no way of coming together or even of identifying one another. Even if the legendary Brotherhood existed, as just possibily it might, it was inconceivable that its members could ever assemble in larger numbers than twos and threes. Rebellion meant a look in the eyes, an inflection of the voice; at the most, an occasional whispered word. But the proles, if only they could somehow become conscious of their own strength, would have no need to conspire. They needed only

to rise up and shake themselves like a horse shaking off flies. If they chose they could blow the Party to pieces tomorrow morning. Surely sooner or later it must occur to them to do it” 2.

Io credo, pero, che Orwell in questo romanzo era ben lungi dal coltivare persino questo tipo di “speranze”. I proles infatti vi appaiono più una remota possibilità, che una concreta realtà. Il regime ha lavorato bene al loro abbrutimento, li ha ben corrotti con la pornografia e con un livello di vita puramente vegetativo. Il risultato è che, almeno per il momento, essi sono del tutto incapaci di pensare in termini alternativi al potere. I proles sono un gigante dal corpo gigantesco e dalla forza invincibile, ma senza testa. L’operazione di creare loro una coscienza, perciò, non può essere portata a termine dall’oggi al domani. Essa, se mai sarà fatta, sarà lenta, lentissima e nel frattempo il ribelle Winston avrà tutto il tempo di soccombere. Quindi, non ha torto il gerarca O’ Brien quando dice a Winston che la rivoluzione proletaria prevista da Goldstein nel suo “libro’ (che poi lo stesso O’Brien ha scritto) è una solenne sciocchezza. Infatti: “The programme it sets forth is nonsense. The secret accumulation of Knowledge – a gradual spread of enlightenment – ultimately a proletarian rebellion – the overthrow of the Party. You foresaw yourself that that was what it would say. It is all

nonsense. The proletarians will never revolt, not in a thousand years or a million. They cannot. I do not have to tell you the reason: you know it already. If you have ever cherished any dreams of violent insurrection, you must abandon them. There is no way in which the Party can be overthrown. The rule of the Party is for ever. Make that the starting-point of your thoughts” 3.

Se speranza i proles sono, a voler proprio essere ottimisti, sono una speranza molto lontana.

1 George Orwell, op.cit., pag.48. Vers.it., op. cit., pag.76: “I prolet non sono esseri umani”.

2 Ibidem, pag.54. Vers.it., Ibidem, pag.93: “Seppure c’è una sola speranza, scrisse Winston, si trova fra i prolet.

Seppure c’era una sola speranza, doveva trovarsi fra i prolet, perché solo fra essi, in quelle masse disprezzate,

stipate in alveari (e che formavano, si badi, 1’85 per cento della popolazione di Oceania) poteva generai la forza capace di distruggere il Partito. 11 Partito non si poteva rovesciare da dentro. I suoi nemici, seppure ne aveva, non potevano trovare il modo di riunirsi, e nemmeno quello di riconoscersi. Anche se esisteva la leggendaria Fratellanza, come tuttavia era possibile, era in concepibile che i suoi membri si riunissero in più di due o tre per volta. La ribellione consisteva tutta in poco più che una guardata negli occhi, una inflessione della voce; una parolina sussurrata, di quando in quando. Ma i prolet, se soltanto fossero riusciti a rendersi conto di quale era effettivamente la loro potenza, non avrebbero avuto alcun bisogno di cospirare. Avevano soltanto bisogno di levarsi e di scuotersi, proprio come un cavallo che si scuote di dosso le mosche. Se l’avessero voluto, avrebbero potuto fare a pezzi il Partito anche l’indomani mattina. Prima o poi avrebbero dovuto capirlo!”

3 George Orwell, op.cit. pag.159. Vers.it., op.cit., 290: “Il programma che difende, naturalmente, è tutt’una sciocchezza. Quel mettere da parte una serie di conoscenze segrete, quella graduale diffusione di una verità e da ultimo quella rivolta proletaria e il rovesciamento del Partito… Tu stesso prevedevi benissimo che avrebbe detto tutte queste cose, no? Bè, sono tutte sciocchezze. I prolet non si ribelleranno mai, nemmeno fra mille anni, nemmeno fra un milione d’anni. Non lo possono. Non c’è bisogno che te ne spieghi la ragione: la sai già. Se hai mai accarezzato alcun sogno d’insurrezione violenta, bisogna che lo metta definitivamente da parte. Non c’è nessun modo per rovesciare il Partito. 11 dominio del Partito è per sempre. Cerca di mettere questo concetto a fondamento di tutti i tuoi pensieri”.

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