Rocambole Garufi, Opere teatrali della “Settimana del Barocco a Militello”: due versioni di “Partita di Scacchi Viventi” e “Conversazione del Principe sulla Mandragola di Nicolò Machiavelli”

Rocambole Garufi

Conversazione del Principe

sulla “Mandragola” di Nicolò Machiavelli

Personaggi ed interpreti

1) Principe _________________________________

2) Principessa _________________________________

3) Cantante _________________________________

4) alcuni servitori _________________________________

_________________________________

_________________________________

_________________________________

5) Callimaco _________________________________

6) Siro _________________________________

7) Ligurio _________________________________

8) Nicia _________________________________

9) Sostrata _________________________________

10) Frate Timoteo _________________________________

11) Una donna _________________________________

12) Lucrezia __________________________________

PARTEI

PROLOGO

Scena unica

Personaggi: voce fuori-campo, fantasmi del principe Branciforti e della moglie, donna Giovanna d’Austria.

(Giardino del castello di don Francesco Branciforti. Musica. Entrano in scena servitori con bracieri da cui si levano lingue di fuoco. I servitori poggiano i bracieri e vanno via. Cresce il fumo, sempre più intenso.)

VOCE FUORI-CAMPO: Don Francesco Branciforti, prìncipe di Pietraperzia e marchese di Militello, morì in Messina nel 1622, a quarantasette anni compìuti. Erano passati circa diciotto anni dal giorno in cui era tornato nei suoi feudi, orgoglioso della parentela col re di Spagna, avendone sposato la serenissima cugina, donna Giovanna d’Austria. Quel tempo gli fu sufficiente per dare mirabili prove di governo. Seppe essere un mecenate e diventò egli stesso un uomo colto, facendo di Militello una corte prestigiosa. Qui arrivò una stamperia da Venezia e fu istallata una ricca biblioteca, che un incaricato, l’abate De Angelis, aggiornava da Roma. Pittori, poeti e scienziati di ogni parte d’Italia vi trovarono mumifica ospitalità. L’abitato fu abbellito e arricchito con fontane, chiese e palazzi. Furono realizzate strade, piazze, giardini, pubbliche fabbriche. Ma, la sua opera maggiore fu senza dubbio quella di legislatore…

PRINCIPESSA (entrando col principe): Ora finitela, vi prego!

(Musica. Ingresso solenne dei fantasmi dei principi e dei loro servitori. I principi vanno a sedersi decentrati, su due imponenti sedie. La musica cresce su di loro, finché gradatemente si placa nella dolcezza del silenzio. Il principe siede accasciato, il braccio a colonna che regge la testa. La principessa lo guarda.)

PRINCIPESSA: A questo punto, ditemi: che resta del vostro potere?

PRINCIPE (si raddrizza): Resta molto, credo… Resta, per esempio, l’orgoglio per ciò che ho fatto.

PRINCIPESSA: E che avete fatto? Avete avuto qualche manìa di grandezza, questo sì! E’ stato il vostro vizio, il pensiero continuo, l’amore tirannico che vi ha preso i giorni. Ma, ora? Ora che siete morto, che cambia?

PRINCIPE: E’ cambiata la mia vita, almeno! Ho passato momenti molto buoni, sforzandomi di risultare degno d’un siffatto amore!

PRINCIPESSA: E per cosa? Per il ricordo dei posteri? Signore, chi muore non ha ricordi… e non contano più nulla le sue imprese!… (Gli poggia una mano sul braccio)… Credo che avremmo fatto meglio a goderci gli agi della corte di Madrid. Questo per nascita ero autorizzata a pretendere! (Scostandosi) Invece, mi avete costretto a vivere in una città lontana.

PRINCIPE: Non siate ingìusta… Il sentimento che ci lega ad un luogo viene prima ed, al contempo, va ben oltre il desiderio di gloria… Vedete, a corte, per quanto in alto potessimo sperare di arrivare, ci sarebbe stato sempre qualcuno posto più in alto di noi. Importava poco il fatto che Madrid era il centro del potere politico… (sibilando) non era nostra!… Lì, è vero, potevamo avere molti favori. Ma, restava il guaio che vicino al proprio re i favori si possono soltanto chiedere… L’esercizio del governo è tutt’altra cosa! Voglio intendere quel potere per cui si è in grado di crearsi attorno un universo a propria immagine e somiglianza… Quando con le opere si abbellisce e si razionalizza la natura e con le leggi si regola il comportamento degli uomini, allora, signora, si fa lo stesso lavoro di Dio! Tale possibilità a Madrid ci era preclusa!

PRINCIPESSA (ride): Voi bestemmiate, amico mio! E in ogni caso ho l’impressione che, anche dopo la morte, siete rimasto troppo principe.

PRINCIPE: Non capisco quale sarebbe il limite.

PRINCIPESSA: Sospetto che l’idea di grandezza che avete in testa sia falsa.

PRINCIPE: Ora, scommetto che chiamerete in ballo la religione!

PRINCIPESSA: No, no, tranquillizzatevi! Dico solo che voi vi fermate al gusto, in fin dei conti volgare, di chi si sente padrone. Le vostre parole mi ricordano i muri che nei campi segnano i confini delle proprietà. Sono autentiche fortificazioni, che chìudono ed escludono l’orizzonte. Non importa se quei muri sono scalcinati… restano muri solidi, tanto solidi da sfidare i secoli! Da quei confini non c’è mai stata un’evasione, mai uno sguardo è andato oltre! Il piacere di possedere le cose, evidentemente, ci fa costruire le nostre stesse prigioni. E come stiamo attenti a non lasciare varchi! C’è persino l’ironia di voler tener fuori i ladri! Non ci accorgiamo che ogni anno, come uno scrigno amico, l’autunno si apre e ricolora gli sterpi…

PRINCIPE (ironico): Beh, almeno in questo sarete rimasta contenta! Nella campagna di Militello gli sterpi non mancavano!

PRINCIPESSA (acida): Non avevo il tempo di vederli. Mi impegnavate tanto con le vostre pratiche di governo!

PRINCIPE (sorridendo al ricordo): Ah, quelli, quelli erano giochi deliziosi!

PRINCIPESSA: Giochi, appunto! Ma, dopo, la morte fece sul serio.

PRINCIPE: Non ne dubito. Però, però… alla faccia della morte, ho soddisfatto ogni capriccio… Sarà stato volgare, ma mi è piacìuto!

PRINCIPESSA: Quasi nessuno vi darebbe torto e la volgarità sta qui!

PRINCIPE: La volgarità è nell’istinto, è vero. Però, poi bisogna vedere quanti sono quelli che hanno forza e fortuna… Su ciò gli uomini si dividono e nascono i gìudizi morali… Conoscete Machiavelli?

PRINCIPESSA: No. Scordate che per una dama non era una lettura conveniente?

PRINCIPE: Divise gli uomini in due categorie: i cattivi capaci, come debbono essere i principi, ed i cattivi incapaci, come sono i sudditi.

PRINCIPESSA: Voi eravate principe ed io non ero una vostra suddita!

PRINCIPE: Non è coi giochi di parole che si cambia la legge!… Se non fosse così, non ci sarebbero né il ricatto né l’inganno!

PRINCIPESSA: L’ha detto Machiavelli?

PRINCIPE: Più o meno… C’è una sua commedia, ottima per i principi ed i cortigiani… Un tizio me ne fece una sorta di trascrizione nel dialetto di Militello. Disse che un pensiero diventa assoluto e perfetto quando lo possiamo esprimere anche con l’immediatezza del parlare dei villani. Da vivo, non ebbi mai il coraggio di proporla. Ma, al punto in cui siamo adesso!… Ecco…

(Si accendono le luci sulla scena della commedia. I principi vanno in ombra.)

VOCE DEL PRINCIPE: I fatti non accadono in Sicilia… Diciamo che siamo a Firenze, città natale dello scrittore. Oppure, potremmo ambientarli a Roma, capitale della cristianità. O, al contrario, a Pisa, perché… (ride) come si dice e non a caso: è meglio avere un morto in casa, che un pisano all’uscio!… O, più semplicemente, possono svolgersi dappertutto, dato che dappertutto il concetto è lo stesso… La porta a destra è la casa del dottor Nicia Calfucci. Di fronte v’è un convento, vicino al quale abita un giovane, Callimaco Guadagno. Viene da Parigi ed è innamorato di Lucrezia, moglie di Nicia…

(Musica e buio sulla scena.)

ATTO I

Scena I

Personaggi: Callimaco, Siro.

CALLIMACO (entra in scena e vede Siro passare dall’altro lato): Attia! Nun ti ni jiri, vena cca!

SIRO (avvicinandosi): Comu vi piacia, patruni.

CALLIMACO: Dimmi a virità: ti parsa strèusu (trad: strano) ca n’amu ricugghiùtu u paìsi! E ciertu! Cchiù pazzu di mìa si mora!

SIRO: Su u diciti vui, c’è di cridìrici.

CALLIMACO: Vacci pianu, picciuòttu! Ca, su mi mpìngiunu i cuorna ca sugnu pazzu pi daveru, nun ti lassu mancu l’uocchi pi chiànciri!

SIRO: Ma, chi dissi pi fàrivi arruffari di sta manera? Nun no dicistuvu vui ca siti pazzu?

CALLIMACO: Nenti, lassa pèrdiri! Scùtimi, nveci. Ca ti dicu u mutivu veru di tuttu u ma limìju.

SIRO: Parrammu!

CALLIMACO: Pi spudugghiari a cosa ca m’interessa, ci vola na bella capacità di trapuleri…

SIRO: Ìu u capiju ca c’era un pinzeri ca vi sfruculiava ntesta.

CALLIMACO: Ti chiamai pi chistu.

SIRO: U sapiti ca sugnu i vostri cumanni.

CALLIMACO: Va beni. Uora, livàmmici a chiacchira e striggemmu u sucu! Ti cuntu u fattu.

SIRO: E ìu ascutu.

CALLIMACO: Aviva deci anni quannu mi murirru matri e patri. Tannu i parenti, pi nun vidìrimi mmiezzu i pedi, mi mannarru a Parigi.

SIRO: E chi mi diciti… Parenti, duluri di denti!

CALLIMACO: A scusa era fàrimi studiari…

SIRO: Mo fuùru, vui ca scola nun ni mangiati!

CALLIMACO (alterato): Chi senti diri? Sceccu e fìgghìu di scecca ci po’ èssiri tu! E, su parri ancora, ti dugnu na sugghiata di corpa!

SIRO: Vuliva dari na manu!

CALLIMACO: Allura, statti mutu!… Continuammu! A scusa era mannàrimi a studiari, ma fattu sta ca, duopu ca partìi, cu si vista si vista! Ogni prima di misi jungivunu quattru sordi… e pi l’autri cosi nun si fìcìuru cchiù sintiri, né pi vivi né pi muorti.

SIRO: Pigghiàtila comu na furtuna! Ìu, pi disgrazia, i ma parenti l’aiu sempri vicinu e… Taliatimi! Macari l’ossa si sucarru!

CALLIMACO: A mìa, parò, nun mi piàcia stari sulu.

SIRO: E mancu a mia! Pinsava di ristari a Parigi cu vui! A virità, patruni! Cu ci o purtavu a turnari cca? Avivumu i megghìu fimmini, genti bona di cori… e specialmenti di carni!

CALLIMACO: Ma, ìu ci vuliva ristari, a Parigi! Tranni a casa di ma patri, già m’ava vinnutu i proprietà.

SIRO: E pirchì cangiastuvu testa, allura?

CALLIMACO: Chi mi mancava? Mi passava u tiempu studiannu, circannu fimmini e diviertimientu! Campava e lassava campari!

SIRO: Accussì si ragìuna!

CALLIMACO: Gìustu. Cuomu si dìcia: cu ghìutti ghìutti, Dìu pirduna tutti!

SIRO: Si dìcia accussì?… (verso il pubblico) Ìu ma rìurdava diversa!

CALLIMACO: E siccuomi nun ghièra mai tiratu, quannu si trattava di nisciri sordi, risurtàiu simpaticu a tutti.

SIRO: Tranni a mìa, pi diri a virità! Cu mìa fati sempri u tìrchiu!

CALLIMACO: Ma vattinni, pizzenti! Su ti pàju comu su fùssitu un cammareri buonu!

SIRO: E chi sugnu tintu?

CALLIMACO (indica per terra): Talìa chi cascàu.

SIRO (si china a guardare): Chi cascau?

CALLIMACO (gli dà un calcio): Tu cascasti, ammucca-lapuni!

SIRO: Certi voti aviti u piedi do patruni e a testa d’un picciriddu!

CALLIMACO: Allura, senta! U diavulu vuosa ca du misi arrera spuntàu a Parigi un certu Camillu Calfucci…

SIRO: Ahi, ahi! U viditi ca nzertu u vostru mali?… Passastuvu ni l’autra sponda?

CALLIMACO: Sì, chidda di ta suoru! Cerca di nun diri fissarìi!… A mìa mi piàcia mangiari ncumpagnìa, perciò quannu vinìa quarcunu di Firenzi u mmitava ncasa. Un ghìuòrnu, parrannu parrannu a tavula cu Camillu, mìsimu a scummissa su ièrunu cchiù boni i fimmini taliani o chiddi francisi…

SIRO: Ìu v’avissa dittu ca i megghìu sunu i fimmini a purtata di manu!

CALLIMACO: Nveci, purtruoppu, uora pi mìa nun ghiè accussì!… A ma vita cangiàu quannu Camillu dissa ca, macari su tutti i fìmmini taliani fùssuru cchiù làdii da morti e cchiù immiruti do imìddu (trad: cammello) d’un immirutu, bastava sa cuscina…

SIRO (ha un gesto di stizza): Talìa ca ni fìciumu u viaggìu pi vidiri sta cuscina!

CALLIMACO: Appuntu e nun fu un viaggìu piersu! Si chiama Lucrezia e ghiè maritata. Però, na fìmmina cchiù duci nun esista!

SIRO: E chi è fatta di meli?

CALLIMACO: Di meli e di crema di babà!

SIRO: E cu tuttu a stu zùccuru vulìvuvu ca nun n’àunu a spuntari i muschi?

CALLIMACO: Nun campu cchiù. Su nun mi dìcia sì, m’ammazzu!

SIRO: Appuòstu! Vi mittistuvu ne peni vui e ci mittistuvu macari a mìa… Ma passava tantu buona a Parigi!… Aviva na cucinera ca nun c’era juòrnu ca nun mi dava a coscia… (al pubblico) di jaddina! Chi pinsastuvu?

CALLIMACO: E finiscila, nsènsibili! Di quannu vistu a Lucrezia nun aìu cchiù abbièntu (trad: riposo)!

SIRO: Allura a cosa è sèria.

CALLIMACO: A pensu sira e matina…

SIRO: E macari a miezzujuornu?

CALLIMACO: Macari a miezzujuornu. Senza di idda l’aria nun mi para cchiù aria…

SIRO: Mmirìia (trad: Maria), di comu parrati (si fa il segno della croce) vi putiti diri spiranzatu!

CALLIMACO: A vuògghìu!

SIRO: Cu l’uògghìu!… E chi era, na nzalata?

CALLIMACO: Macari su m’avissa a custari un patrimuonìu!

SIRO: Giesù, Giesù, Giesù! E chi si po fari pi ccuntintàrivi?

CALLIMACO: Paccamora, nenti.

SIRO: Chi spiranzi ci sunu, parciò?

CALLIMACO: Uora cuomu uora, zeru tagghiatu!

SIRO: Mancu vi talìa, scummettu!

CALLIMACO: Avi un carattiri stìticu, ca para ca si mangiàu se chila di ficudigna! Nun c’è muòdu d’incuntrarla né di parrarici. Appoi, sa maritu è riccu e si fa cumannari, parciò sta tranquillu!

SIRO: E’ viècchiu armenu, stu maritu?

CALLIMACO: Carusu nun ghiè, ma mancu mburrutu!

SIRO: Mi jocu a testa, allura, ca di carattiri è scursunaru.

CALLIMACO: A tena sempri dintra! Mai un fistinu, mai na rìunioni, mai ca issa a fari a spisa. E’ cchiù facili dìrici du paroli o Papa ca a idda!

SIRO: Ch’ama a fari, parciò?

CALLIMACO: Nun c’è muru na stu munnu ca nun ci avi u purtusi gìustu pi trasirici. Su unu ci a vola, ci a po!

SIRO: E unni ce pinniti, sti spiranzi?

CALLIMACO: A tri banni: unu, u dutturi Nicia, sa maritu, è scemu; dui, nun annu figghi; tri, a matri di idda, a gnura Sostrata, i sa tempi fìcia favuri a tanti bieddi picciuttièddi.

SIRO: E ch’atu fattu finu a stu mumentu?

CALLIMACO: Na cosa ca po significari picca o assai, nun no saccìu ancora! Fìciu amicizia cu unu di ddi picciuòtti da gnura Sostrata. Si chiama Liguriu. E’ unu ca pi na mangiata di pasta si jucassa a sa matri. Fa u ruffianu di misteri e quannu cunta na barzilletta lassa tutti amminchialuti. U dutturi Nicia ci sta sempri d’appriessu e iddu ci suca u sangu, faciennusi pristari sordi a tichitè.

SIRO: Allura?

CALLIMACO: Allura mi desa a sa parola d’anuri d’aìutàrimi.

SIRO: E cu o dìcia ca nun vi pìgghia po darretu?

CALLIMACO: Nuddu, ma nun c’è autra strata!

SIRO: E iddu comu si vola muvìri?

CALLIMACO: Prima d’ogni cosa, cummincìu u dutturi a vinìrisi a fari i bagni unna vàìu ìu…

SIRO: Megghìu di nenti!

CALLIMACO: Certi voti, cu na cumpagnia allegra, cu u sapi? A natura di na fimmina si sciògghia ntiempu di bagni. Na cosa tira l’autra: cca na paruliedda gìusta, dda na battuta ridicula, quarchi suordu, antìcchia di fumu…

SIRO: E a situazioni s’aggìusta!… Nun fussa mali… su nun fussa troppu longa!

CALLIMACO: Iddu mi dissa ca a faciva caminari lesta.

SIRO (guarda fuori della scena): Ah, cangiati discursu! Stannu viniènnu dui.

CALLIMACO (guarda): Sunu Ligurìu e Nicia.

SIRO: Parri do diàvulu e spùntunu i corna!

CALLIMACO: Ca nun ci sunu ancora!

SIRO: Chiddi, prima o poi, vienunu siempri!

CALLIMACO: E parciò stannu viniènnu… Megghìu ca m’ammuccìu, accussì parru cu Liguriu, quannu si spiccica do dutturi. Vattinni macari tu, ma torna su ti chiamu!

SIRO: Comu vuliti.

(Escono uno dopo l’altro.)

Scena II

Personaggi: Nicia, Ligurio.

NICIA (Entrando con Ligurio): Giustamenti… mi piàcìunu i ta cunsigghia!

LIGURIO: Allura, ci jiti a fàrivi sti bagni?

NICIA: Parràiu aieri cu ma mugghièri e mi dissa ca mi dava na risposta auòggi.

LIGURIO: E chi c’è di pinsàrici?

NICIA: A virità è ca giustamenti… sugnu ìu ca nun sugnu sicuru!

LIGURIO: E pirchì?

NICIA: Giustamenti… nun mi piàcia nisciri… troppu traficu!

LIGURIO: O ti scanti! Nun vòi jiri a foresteri pirchì na tutta a ta vita vidisti sulu u campanaru di Santa Nicola!

NICIA: Dduòcu ti sbagghi! Quannu ièra cchiù carusu viaggiài assaiùni. Aìu vistu paisa luntanu centu chilometra. Na vota vistu u mari!

LIGURIO: Chista è na batalata… u mari no!

NICIA: U mari sì! Giustamenti… è chinu d’acqua!

LIGURIO: E uora ti scanti di na pisciatiedda di bagnu?

NICIA: Amicu! Mi para ca pa sti cosi a ucca ti fa puzza di latti! Giustamenti… mancu to mmàgini cuomu si sbiersa (trad: sfascia) na casa!… Parò, è tantu u pitittu d’aviri un figghiu ca ma facissa a pedi finu a Roma.

LIGURIO: Allura ci semmu! I bagni sunu i megghiu posti pi fari nascìri i figghi.

NICIA: Va beni, mi cummincisti. Nformiti supra unna mi cummena jiri.

LIGURIO: Nun dubitari! Uora, ricugghiemmini a casa… Arrivederci!

NICIA: Ciau!

(Nicia esce e Ligurio si avvia ad uscire.)

Scena III

Personaggi: Ligurio, Callimaco.

CALLIMACO (ferma Ligurio entrando): Allura?

LIGURIO (ha un soprassalto): Allura mi scantàiu! E chi èriti appustatu?

CALLIMACO: Ti vistu viniri e t’aspittàiu. Ci sunu nuvità?

LIGURIO: Peni ci sunu, autru ca nuvità! Pi cummincirlu a scugnarisi di casa vena di cchianata… ma chi cchianatuna!… Ma, uora piensu ca forsi mancu c’è necessità di purtarlu e bagni…

CALLIMACO: E pirchì?

LIGURIO: Fra l’autri cosi, macari… pirchì mancu u saccìu su ti cummena.

CALLIMACO: Chi significa?

LIGURIO: E su dda trova unu cchiù bieddu e cchiù riccu di tìa?

CALLIMACO: Dìu ni scanza! M’ammazzu!

LIGURIO: Esageratu!

CALLIMACO (alterandosi): Talìa, u sàcciu ca si maestru di tràpuli e di mbruogghi. Ma, su nzammàsignuri! (trad: mai sia, Signore!) ci sta pruvannu cu mìa…

LIGURIO: Fermu! Fai mali a dubitari… Vida ca su t’aìutu nun ghiè sulu pe sordi. E’ ca, quannu si tratta d’armari na tragedia e fari curnutu un cretinu, ìu sugnu no me!

CALLIMACO: Speriamu! Ma, comu si dìcia: cu si vardàu si sarvàu!

LIGURIO: Va beni. Uora scutimi. Siccuomi u dutturi mi dissa di cunsigghiarici unna jiri, to presentu e tu fai finta di essiri unu specializzatu na cura de fimmini ca nun nèscìunu ncinti. Dicci ca veni di Parigi e parra difficili… mi jocu a testa ca funziona!

CALIMACO: E appoi?

LIGURIO: Dammici tiempu o tiempu! Ti dicu ìu zzuòccu a fari quannu è ura.

CALLIMACO: Va beni. Ma, nun sugnu tranquillu.

LIGURIO: Paccamora, amuninni a ta casa, a mangiari.

(Escono. Musica per la fine del primo atto. Buio sulla scena.)

PRIMO INTERMEZZO

Scena unica

Personaggi: principe, principessa.

(Musica. Si illumina l’angolo dove siedono i principi.)

PRINCIPE (divertito): Ho il sospetto, signora, che questa prima parte del racconto vi abbia infastidito…

PRINCIPESSA: E non poco, per essere sincera!… E forse non è coerente coi discorsi che dovremmo fare.

PRINCIPE: Guardatela senza pregìudizi e vi accorgerete che qualcosa dice.

PRINCIPESSA: Spero che non troviate interessanti simili, stupidi squallori!

PRINCIPE: Li trovo… appassionanti, perché nelle vicende più basse i meccanismi delle passioni si capiscono meglio.

PRINCIPESSA: Era questo l’intento dell’autore?

PRINCIPE: Penso proprio di sì.

PRINCIPESSA: Quel Callimaco, quel Siro, quel Ligurio… sono tutti mossi da un egoismo ottuso!

PRINCIPE: Il loro egoismo è uguale a quello di chi sta dall’altra parte.

PRINCIPESSA: Quale parte?

PRINCIPE: Quella delle vittime.

(Musica. I principi tornano nell’ombra e riprende l’azione.)

ATTO II

Scena I

Personaggi: Ligurio, Nicia, Siro.

LIGURIO (entrando con Nicia): Putiemmu diri ca amu avutu sciorta (trad: fortuna)! Truvàiu un dutturi mezzu francisi… na testa! Veramenti, cu l’italiani mancu si ci vola mittiri! E, d’autru cantu, cu ci o fa fari? Avi cchiù sordi ca capiddi na testa!

NICIA: Parò, giustamenti…, nun vulissa ca fussa tignusu!

LIGURIO (un po’ risentito): Nno minutu a n’autru si ni torna a Parigi. Su ci a parrari, parrici, nveci di diri cosi scugghìuduti!

NICIA: Fatta ca fatta, ormai giustamenti… siemmu no ballu! Pènsici tu!

LIGURIO: Si’ dintra na utti di fierru, allura!… C’è sulu u problema di cummincìri u dutturi.

NICIA: Chistu, giustamenti… è travagghìu to. Appoi, su a stu dutturi è bravu o no… fammicci parrari e giustamenti… dintra un minutu ti dicu su ghiè bravu pi daveru!

LIGURIO: E chi mi dici! I sacciu i ta spirtizzi!

NICIA: Chi ci stamu spittannu, parciò? Giustamenti… jemmuci a parrari.

LIGURIO: Sta dda (indica la porta).

NICIA: Tuppulìici!

(Ligurio bussa.)

LIGURIO: Dutturi!… (a Nicia) Speriamu ca iè ncasa.

SIRO: Cu iè?

LIGURIO: Chi sta cca Callimacu?

SIRO: Un momientu ca u chiamu.

NICIA: Ma pirchì nun dicisti “u dutturi Callimacu”?

LIGURIO: E’ unu ca nun ci tena a ssi formalità!

NICIA: E chi ci trasa? Tu, ntantu, chiamulu comu è di giustu. S’appoi s’affenna a fàrisi chiamari dutturi, vola diri ca è sceccu.

Scena II

Personaggi: Nicia, Callimaco, Ligurio. Siro in chiusura.

CALLIMACO (appare solenne): Cu mi vola?

NICIA: Bona dies, domine magister! (a Ligurio) Ci vaiu buonu co latinu?

CALLIMACO: Et vobis bona, domine doctor!

NICIA: I cosi gìusti! Mi rispunnìu a tappu!

LIGURIO: Bravi a tutti dui! Ma, s’ata parrari cuomu i parrina, mi ni vàiu.

CALLIMACO (avvicinandosi): Chi pozzu fari pi vuàutri?

NICIA: Vui giustamenti… siti dutturi…

CALLIMACO: U sacciu! Mi rìuordu ca mi lauriài!

NICIA: Vui parciò mi putiti aiutari…

CALLIMACO: A fari chi?

NICIA: A mittiri ncinta a ma mugghièri.

CALLIMACO: Nun c’è problema! Pa ssi cosi sugnu u mastru!

NICIA: Vogghìu diri…u figghiu giustamenti… a ghièssiri u mìu.

CALLIMACO: E di cui, allura? Giustamenti… chi vuliti? Ca vo crìsciu ìu?

NICIA: Semmu sicuri ca ci a faciti?

LIGURIO: E comu no? A Parigi a sa specialità era fari fari figghi!

NICIA: Chista giustamenti… è na bona nova.

LIGURIO: Mettiti nne sa manu e ci pòi calari a pasta ca ta mugghièri nèscia ncinta!

NICIA: Su succeda, u sacciu u ma duviri. Pi zzuòccu avissuvu bisuognu, giustamenti… basta na palora (sic)!

CALLIMACO: Gìustamente… approfitterò!

NICIA: Mi para spiertu pi daveru! Prima parràu latinu, uora talianu!

LIGURIO: Su è pi chissu, parra macari francisi!

NICIA: Turnammu e nostri cosi! (a Callimaco) Vulissa sapiri unna s’a ghiri pi farla nèsciri ncinta, a ma mugghièri.

CALLIMACO: Fermu! Stamu partennu co piedi sbagghiatu… Prima di dìrivi unna ata purtari a vostra mugghièri, ìu l’avissa a visitari… et avec beaucoup d’attention! S’a capiri pirchì sta fìmmina nun nèscia ncinta!

NICIA: E chi mutivi ci ponu èssiri? Chi ni po diri sta visita u beccù da stazion?

CALLIMACO (cattedratico): Eh, mon ami, a vui vi para fàcili!… Nveci, le cause della sterilità sunt: aut in semine, aut in matrice… ma cchiù di l’autri cosi: aut in istrumentis seminaris!

NICIA (schiacciato, a Ligurio): Mizzica su parra bonu!

LIGURIO: Chi ti dissi? Dacci tiempu e ta metta ncinta in quattru e quattru uottu!

NICIA: Macari Dìu!

CALLIMACO: Veramenti, ci putissa essiri n’autru mutivu quannu c’è mancanza di picciriddi…

NICIA: E quali?

CALLIMACO: Ca vui… (fa un gesto eloquente.)

NICIA: Cui ìu?… Ìu giustamenti…… putissa fari u spaccapetri!

LIGURIO (ride): Bedda matri! Mi facistuvu scantari!

CALLIMACO (ride): Menu mali ca nun sugnu maritatu!

NICIA: Putiti ringraziari u Signuri!

CALLIMACO: Ciertu co ringraziu! U ringraziu pa biedda mugghièri ca vi desa… accussì aviti unna sfuàrivi!

LIGURIO (fra sé): Vinna u mumientu d’apparari a trappula!… (fa gesto a Callimaco di lasciarlo parlare e si rivolge a Nicia) U dutturi è truoppu rispittusu e si n’affrunta a diritìllu, piensa ca ta pigghi a mali…

NICIA: Parra tu, parciò! Chi vola? I sordi avanti?

LIGURIO: Chistu macari! Ma nun ghiè fattu di sordi!… E’ ca ci avi na midicina ca fa nisciri ncinti lampa e stampa!

CALLIMACO (che ha intuito l’inganno): E’ vieru! Nun ni parraiu subutu pi nun ghièssiri pigghiatu pi chiacchiaruni!

NICIA: Parrati tranquillu, nveci! Ormai giustamenti… mi misu na testa ca siti nummuru unu pi daveru.

LIGURIO: E ìu, nveci, piensu ca quannu senti chi s’a fari c’è periculu ca ta fai ncuoddu!

CALLIMACO: E, purtroppu, mancu si po satari nenti… zzuòccu s’a fari s’a fari!

NICIA: E faciemmu!… Ìu giustamenti… nun mi scantu di nenti!

LIGURIO: Cosa ca fa macari rima!

CALLIMACO: Addìu alla sorti, parciò?

LIGURIO: E cuomu finiscia si cunta!

CALLIMACO: Vili cu si ni penta!

LIGURIO: Cu n’appi n’appi!

NICIA (preso d’allegria): Cu ci misa e cu ci piersa!

LIGURIO (bloccando Nicia): Ferma u juocu!… Pe sordi ci perdi tu e basta!

(Si stringono le mani, come i tre moschettieri.)

LIGURIO (a Callimaco): Uora chiama Siru, p’accumpagnari u dutturi a sa casa… s’a pigghiari tanticchia di pipì da signura Lucrezia.

CALLIMACO (prontamente): Siru, uòh Siru!… Siii-ruuu! Unna si ni jivu, malanova a iddu!… (Siro compare) Di cursa, accumpagna u dutturi!… (a Nicia) Su nun vi dispiacia, purtatimi mprescia mprescia (trad: di fretta) le orine di vostra moglie… (a Ligurio) Ligurìu, tu vena cu mìa, ca m’a ghìutari a priparari a midicina.

NICIA: Travagghiassa buonu, mi raccumannu… giustamenti!

LIGURIO (portando via Callimaco, a Nicia): Tranquillu, dutturi, ca si’ ne manu di l’arti! Uora ti priparammu nservizìu ca ti nàsciunu tri gemelli di na vota!

NICIA: Ca bellu!

(Escono Ligurio e Callimaco.)

Scena III

Personaggi: Nicia, Siro.

NICIA: I cosi gìusti! U ta patruni mi para priparatu: a pisciazza a chiamau orine… Nun è cosa di tutti! Menu mali ca studiai e u capiscìiu (sic. Trad: capii)!

SIRO: Ancora chi ci atu vistu!

NICIA: Mi jocu a testa ca canuscia u re.

SIRO: Va putiti jucari.

NICIA: Pi chissu sta a Parigi!

SIRO: Pi fari nèsciri ncinti i fìmmini… macari dda!

NICIA: Fa beni a stari luntanu!… In Italia ci su’ truoppu raccumannazioni!

SIRO: Parò, na testa cuomu a vostra nFrancia nun c’è. Ci putiti mittiri na casa, di quantu è ranni!

NICIA: Ringraziannu u Signuri!

SIRO: E siti macari chinu di sordi!

NICIA: Nun mi lamientu!

SIRO: Ci rrivati a cientu ducati l’annu?

NICIA: Chiàssai, chiàssai! Pigghiu armenu… Ma, pirchì t’avissa a diri i ma chiffari?… Spetta cca, cchìutuostu!

(Si avvia.)

SIRO (seguendolo con gli occhi): Mi piàciti!… U vulissa pi patruni, unu cuomu a vui!

(Nicia esce.)

Scena IV

Personaggi: Siro.

SIRO: Cu duttura di sta manera, sulu i capani (trad: becchini) fanu festa!… Mah!… Spiriàmu ca va bona!… Parissa ca Callimacu si sistimau a cavaddu… e forsi ìu truvai un patruni cchiù fàcili di pulizziari (trad: ripulire)… Pinsammu o seguitu, parò! Faccuntu (trad: manca poco) ca u dutturi tuorna… (Spunta Nicia) A virità, cu nun ridissa d’un curbacchìu (trad: corvaccio, sinonimo di “ingenuone”) accussì?

Scena V

Personaggi: Nicia, Siro.

NICIA (tornando dalla sua casa, verso Lucrezia, che non si vede): A cumannato siempri tu, mugghièri mia! Stavota, vogghìu cumannari ìu!…. Parrammini chiaru! S’avissa saputu ca nun faciviti figghi, e… giustamenti… chi mi pigghiava na viddana cuomu a tìa?… (a Siro) Tu, camina cu mìa!… Puorcu d’un cani fitusu, chi peni visti pi cumminciri a gnura babbasuna a dàrimi tanticchia di pisciazza! (gli porge una bottiglietta.)

SIRO (prende la bottiglietta e la intasca): Chi ci vuliti fari, patruni? Fimmini sunu! S’ana pigghiari ca bona palora (sic).

NICIA: E ìu… giustamenti… ti paru unu ca mangia palori?

SIRO: No! Taliannu a panza… giustamenti… mangiati cosi cchiù sustanziusi!

Scena VI

Personaggi: Ligurio, Callimaco, Nicia, Siro.

LIGURIO (entra in scena con Callimaco, a questi): Iddu ormai è fattu, idda si farà!

CALLIMACO (a Nicia, vedendolo): Avete preso le orine?

NICIA: Ci mancassa autru! L’avi Siru… giustamenti!

CALLIMACO: Sono recenti?

NICIA: Caudi, caudi!… Megghiu di l’ova da za Citruzza!

CALLIMACO (a Siro): Dammi cca!… (prende la bottiglietta, la guarda in contraluce) Ahi, ahi, ahi!… (mostra la bottiglietta a Ligurio) Chi ti ni para?

LIGURIO: Ahi, ahi, ahi!

SIRO (guarda la bottiglietta): Ahi, ahi, ahi!

NICIA (a Siro): Macari tu?

SIRO: Vuliva dari na manu!

NICIA: Cu tuttu stu duliri di panza? E chi vi mangiastuvu i pipi, a miezzujuòrnu?

CALLIMACO: Nun c’è nenti di rìdiri!… Le orine mostrano debolezza di reni!

NICIA: E u diciti in italianu?

CALLIMACO: Come si conviene all’ora grave!

NICIA: Oh, matruzza biedda!… Uora ca taliu, macari a mìa sta pisciazza mi para niurinciola!

CALLIMACO: Nam mulieris orine sunt semper maioris grossit et albedinis, et minoris pulcritudinis quam virorum!

NICIA (a Ligurio): To spiegu ìu: dissa ca a pisciazza de fimmini è cchiù làdia di chidda de masculi.

LIGURIO: E pirchì?

CALLIMACO: Causa est amplitudo canalium!

NICIA: U tubbu l’anu cchiù ranni!

SIRO: Quanti cosi sapi, stu dutturi!

CALLIMACO (solenne): Parciò s’a tinìri caudu, pi funzionari cuomu Diu cumanna!

LIGURIO (a Nicia): Uora rispunnici tu! Cuomu vena tinutu, a stu tubbu?

NICIA (sconsolato, indispettito): E chi aia diri, giustamenti?… Ma mugghieri senta siempri friddu!… E pi forza! Prima ca si curca sta quattru uri ddinucchiuni, a diri patrinostri!

CALLIMACO: Uora tuttu è chiaru. Scusati su parru papali papali, ma nun mi piacia girari tunnu tunnu, a vacanti! O mi dati fiducia, o a taghiammu cca!… Ci aiu a midicina giusta pi mittìri ncinta a vostra mugghièri.

NICIA: Costa troppu cara?

SIRO: E chi pinsati i sordi?

LIGURIO: Pensa o picciriddu, nveci!

CALLIMACO: Costa, costa! I cosi boni valunu! Ma, nun ghiè sulu na faccenna di sordi… ìu, pi chiddu ca mi tocca, u sacciu chi s’a fari…

NICIA: Allura, nun na furriati cchiù! Diti zzuoccu s’a fari… e giustamenti… quantu costa!

CALLIMACO (prende Nicia a braccetto, passeggiando seguito dagli altri): A manera cchiù sicura di mittiri ncinta na fìmmina…

NICIA: Bih, chi mi dicìti, dutturi!… Chi nascemmu aièri?

CALLIMACO: Ma, nun vuliva diri chissu, binidittu cristianu!

NICIA: E ci sunu autri maneri?

CALLIMACO (si ferma, solenne, provocando piccoli tamponamenti con i due che seguono): Ci sunu! S’avissa a fari biviri na medicina a vostra mugghièri… Costa trenta ducati.

NICIA Ferito al cuore): Tre… tre… trenta ducati?

CALLIMACO: E’ fatta cu l’erba mandragola e autri cosi ca nun vi dicu.

NICIA: E ghiè sicura, armenu?

CALLIMACO: U cientu pi cientu! A pruvaiu na para di voti e a vuliti sapiri na cosa?

NICIA: Parrati.

CALLIMACO: A regina di Francia nun faciva figghi… ci a desi… du picciriddi di na vota!

NICIA: Mizzica!

CALLIMACO: Nun ghiè finuta! A figghia da regina… mancu idda faciva figghi… ci a desi… tri picciriddi a prima vota… e unu a secunna vota!

NICIA: E pirchì uno sulu?

CALLIMACO: Era stancu!

NICIA: E a ma mugghièri quannu ci a vulissuvu dari?

CALLIMACO: Macari stasira. Chi ci spittammu?

LIGURIO: Accussì, a morti subitania?

CALLIMACO: A luna! Stasira a luna mi para giusta pa ssi cosi!

NICIA: Va beni. Priparàti a midicina.

LIGURIO: Avi ca è pronta!

SIRO: Macari si sta jittannu di fora!

NICIA: E quannu a fìcia?

LIGURIO: A puorta siempri dappriessu!

CALLIMACO: Parò, prima di jiri avanti, è giustu ca vi dicu ca cu sta midicina nun sunu tutti rosi e sciuri!

NICIA: Chi problemi ci sunu?

CALLIMACO: Avi na disgrazia…

NICIA: Nun tinitimi supra i carbuni ardenti! Chi fa dannu?

CALLIMACO: U primu ca si curca cu na fimmina ca si pigghiau a midicina mora dintra uottu jorna.

NICIA: A facci da mi… ssa cantata!… E chi mi cumminati, dutturi? Giustamenti… vaiu p’aviri un figghiu e mi truvaiu muortu?

LIGURIO: Nun satari avanti. U rimediu ci fussa!

NICIA: Quali rimediu?

LIGURIO: Pi stanotti, a ta mugghièri a faciemmu curcari cu n’autru. Accussì, iddu si pigghia tuttu u vilenu… Appoi, tu ci po fari chiddu ca vòi!

NICIA: Belli cosi ca mi cunsigghi!

SIRO: U dutturi nun vola ca n’autru mora u sa puostu?

NICIA: Chi c’entra?… Nun vogghiu ca ma mugghièri diventa na culumbrina e ìu nu beccu!

CALLIMACO: Vi fissati nna sti cosi? Allura, u re di Francia?

NICIA: Appoi… cu si ci mittissa cu ma mugghièri, sapiennu ca si mora? E c’è macari u casu ca l’inquisizioni ci senta sciàuru di stregoneria!

LIGURIO: Pi chissu, lassa fari a mia!

CALLIMACO: E chi c’è megghiu di tìa pa ssi cosi?

LIGURIO (a Nicia): Tu stasira ci fai bivìri a medicina a ta mugghièri e a lassi durmìri finu a notti funna… appoi ni vistemmu di mascarati e ni ni jemmu pedi pedi… u primu carusazzu ca truvammu… zzàcchiti! Ci mittemmu a testa dintra un saccu e u purtammu a ta casa… a matina u jittammu mmiezzu a strata e cu si vista si vista!

NICIA: Si putissa fari. S’appoi è veru ca macari u re di Francia… accussì tanticchia di nobiltà passa a mia!

SIRO (al pubblico, facendo le corna): Uora si chiamunu nobiltà?

CALLIMACO: D’autru cantu, cu avissa parrari su semmu tutti amici?

LIGURIO: Appoi ìu!… Sugnu amicu d’un paisi!

NICIA: C’è n’autru problema.

CALLIMACO: Quali?

NICIA: Ma mugghièri! E’ troppu onesta, nun accetta!

CALLIMACO: Aviti ragiuni!… Iu nun vulissa essiri sa maritu senza ca idda è d’accuòrdu!

LIGURIO: E ìu chi ci staiu a fari? Chista ma spudugghiu ìu!

NICIA: Chi pinsasti?

LIGURIO: Canusciu un monicu. E’ u cchiù giustu pi commincirla.

NICIA: E fussa dispuostu?

LIGURIO: Pajannu, sì.

CALLIMACO: Maniàmmini (trad: sbrighiamoci), parciò!

LIGURIO (a Callimaco): Ciertu! Tu vatinni a pigghiari a midicina. Ni videmmu all’ùnnici… (a Nicia) Iu e tu ni ni jemmu a parrari co monicu…

SIRO: E ìu?

LIGURIO: Teniti a purtata di manu, ma nun ti fari vidiri.

CALLIMACO (piano, a Ligurio): Nun mi lassari sulu!

LIGURIO: U vulisti u cavaddu?… Uora cavaddìa!

CALLIMACO: Nun sacciu unni jiri.

LIGURIO: Firenzi è ranni!

CALLIMACO: Signuruzzu bieddu! Mi sentu muortu!

(Esce.)

LIGURIO: Amuninni macari nuautri.

(Escono tutti. Buio sulla scena.)

SECONDO INTERMEZZO

Scena unica

Personaggi: cantante.

(Entra il cantante. Luce su di lui.)

CANTANTE: Oh, dolce notte! Oh, sante

Ore notturne e quete,

Che i disiosi amanti accompagnate!

In voi s’adunan tante

Letizie, onde voi siete

Sole cagion di far l’alme beate!

Voi giusti premi date

All’amorose schiere

Delle lunghe fatiche!

Voi fate, o felici ore,

Ogni gelato petto arder d’amore!

(testuale di Nicolò Machiavelli)

(Si reca nell’angolo opposto a quello occupato dai principi. Buio su di lui e torna ad illuminarsi la scena.)

ATTO III

Scena I

Personaggi: Sostrata, Nicia, Ligurio.

NICIA (entra con Sostrata e Ligurio, a Sostrata): Tu si ma sòggira, giustamenti… dammi u cunsigghiu giustu.

SOSTRATA: C’è nenti i fari! Certi voti s’a ppuzzari!

NICIA: E ciertu! Tantu appuzzu ìu… anzi ma mugghièri!

SOSTRATA: Ca fussa siempri ma figghia, nun to scurdari!… Appoi, chi po ghièssiri na cosa di na notti? Ca sparti mancu si vida!… Chi ava diri, allura, a bonarma di ta suòggiru?

LIGURIO (ridendo): Veramenti, nun ghiè u stissu! Tannu, cuomu si dìcia… uòcchiu ca nun vida, cori ca nun dola!

SOSTRATA: Macari chistu è un fattu ca nuddu vena a sapiri!

LIGURIO (piano): Fora do paisi, nuddu!

SOSTRATA: Cu avissa parrari?

NICIA: Sì, ma macari ca nun parra nuddu… giustamenti… ìu u sacciu!

SOSTRATA: Avanti ca passa un misi ti ci abitui e avanti ca passa l’annu to scuòrdi!

NICIA: Accussì dici?

SOSTRATA: Dicu e garantisciu!

NICIA: E accussì faciemmu!

LIGURIO: Uora mi piaci!… (a Sostrata) Vattìnni ni ta figghia. Nuautri, nveci, jemmu a truvari patri Timoteo

SOSTRATA: Va beni. Uora a va cummìnciu a ghìrisi a cunfissari ni iddu.

(Sostrata esce.)

Scena II

Personaggi: Nicia, Ligurio.

NICIA: Uora giustamenti… vena a cchianata: s’a cumminciri a ma mughièri!

LIGURIO: Macari cu idda, si cià cummattiri!

NICIA: E’ na jatta di sacristia, sta fimmina!

LIGURIO: Ci sunu surgi ca nun si scantunu de jatti!

NICIA: Ogni matina si ni jiva a missa o Priatoriu (trad: chiesa del Purgatorio).

LIGURIO: E allura?

NICIA: Un monicu si misa ntesta di fari u scimunitu cu idda e giustamenti… nun ci vosa jiri cchiù!

LIGURIO (canzonatorio): Certi voti unu senta cosi!

NICIA: Navieru (trad: non è vero)?

LIGURIO (c. s.): Cu piensa mali ci a nzerta (trad: indovina)!

NICIA: Uora nun si ci po parrari!

LIGURIO: Ah, prima ca mo scuordu!… Vinti ducati… Servunu po monicu.

NICIA (porgendo una borsa di denari, sospirando): Te’ cca!… I sordi vanu e venunu. Auoggi accattu e dumani mi fazzu ccattari!

LIGURIO: Cu i monici nun c’è chi fari! Chiddi i sannu i nostri piccata e ti levunu i scarpi mentri ca curri… e mancu ti n’accuorgi!

NICIA: Giustamenti… cu mìa nun ci a putissuru!

LIGURIO: Su parrammu di libra, po ghièssiri! Stu monicu, parò, è terra terra, ma cchiù maliziusu di na vurpi! E’ megghiu ca ci parru ìu.

NICIA: Allura, mi staiu mutu?

LIGURIO: Mutu comu na petra!… Tranni quannu ti fazzu signali.

NICIA: Va beni. Qual è u signali?

LIGURIO: Ti scacciu l’uocchiu!… No, aspetta… mi muzzicu a ucca!… No, faciemmu di n’autra manera… dicu ca si surdu!… Accussì, rispunni sulu quannu parru forti.

NICIA: Buonu.

LIGURIO: N’autra cosa! Su pi casu mi senti diri cosi ca nun ci trasunu co discursu, fa finta di nenti.

NICIA: Accussì fazzu.

LIGURIO: Uora mutu, c’è u monicu… Fiermu! C’è una cu iddu… Aspittammu ca si ni va.

Scena III

Personaggi: fra’ Timoteo, donna.

TIMOTEO: Su vuliti, signura, duormu cca arreri… Ci jemmu e vi cunfiessu! – (Potrei mai negare il conforto della confessione a così bella signora?… Venite, qui vicino c’è la mia cella. Sbrigheremo la faccenda con gioia… cristiana!)

DONNA: E pirchì no nchiesa?

TIMOTEO: Troppa fudda pi putiri fari na cunfissioni comu Diu cumanna! – (Bisogna essere soli perché… la confessione venga bene!)

DONNA: Macari n’autru jornu, allura… Pi uoggi ccuntintativi di na parratiedda fatta additta additta (trad: all’impiedi)! Avi picca ca mi morsi u maritu e ancora nun aiu cori di scutari autru… Cchiuttostu, ce diciti, sti missi?

TIMOTEO: Una ogni luni (trad: lunedì), cuomu rristammu. – (Una ogni Lunedì, come d’accordo.)

DONNA (gli porge un fiorino): Pigghiati cca! Paju pi du misi.

TIMOTEO: Resta sirbuta! – (Dio ve ne renderà merito!)

DONNA: Senza livarici nenti a vossia, ma maritu era un metru e uttanta di carni ca funzionava ca era un piaciri!… (sospira) Ah, chi semu! Quannu u piensu chianciu tutta para!… Chi diciti? Ci jivu no priatoriu?

TIMOTEO: E’ dda, m’infurmai! – (Senza alcun dubbio!… Elì, mi sono già informato.)

DONNA: E su fussa mparadisu?

TIMOTEO: Uora parrastùu assai! – (Ora chiedete troppo!)

DONNA: Vieru!… A testa l’aviva siempri a na banna!

TIMOTEO (insinuante): So pigghiau nticipatu, u paradisu! – (Il paradiso, con voi, se l’è già preso da vivo!)

DONNA: Nun ci va cchiù, parciò?

TIMOTEO: A spittari tanticchia… Tantu, a quantu mi diciti, pi iddu u priatoriu è un mumientu di ripuosu! – (Ci va, ci va! Ma, ci vuol pazienza. C’è da aspettare un po’… Eppoi, in fondo il purgatorio gli serve per riposarsi!)

DONNA: E ditimi n’autra cosa… pinsati ca i turchi venunu cca?

TIMOTEO: Su nun si prèa e su nun si fa carità u cummientu, ciertu ca venunu! – (Ecco!… Se non pregate e non fate la carità al convento, vi dico che vengono!)

DONNA: Oh, biedda matri!… E chi ci fannu i fimmini?

TIMOTEO: Nenti!… (al pubblico) Su u dicu, chi ci fannu, chista ne puorta fina intra! – (Le ammazzano e basta!… (alpubblico) Se dico che le violentano, questa ce li porta fino a casa!)

DONNA: Sia lodatu Giesù Cristu!

TIMOTEO: E sempre sia lodato!

(la donna va via.)

Scena IV

Personaggi: Timoteo, Ligurio, Nicia.

TIMOTEO (guardando verso dove è uscita la donna): I fimmini! Sunu a razza cchiù tinta!- (Le donne!… Sono una bestia complicata!)

LIGURIO (sopraggiungendo): E macari a cosa cchiù biedda!

TIMOTEO: E’ vieru!… Uora mi dici u pirchì do piaciri di sta visita. – (Non ti do torto!… Ora dimmi a che debbo il piacere di questa visita?)

LIGURIO: Vi prisientu u dutturi Nicia Calfucci. Parrati forti pirchì nun ci senta buonu.

TIMOTEO: Piaciri! – (Piacere!)

NICIA (tace.)

TIMOTEO (più forte): Piaciri! – (Piacere!)

NICIA (tace.)

TIMOTEO (urlando): Pi-a-ci-ri! – (Pi-a-ce-re!)

NICIA: Ch’ata aviri?

TINOTEO: Vi dissi: piaciri! – (Ho detto: piacere!)

NICIA: Chi ci trasunu i missi ni sti siri?

TIMOTEO: Addiu! Siti cchiù surdu di na campana! – (Addio! E’ più sordo di una campana!)

NICIA: E ìu nun vo vogghiu dari u suordu di sta simana!

LIGURIO: Parrati cu mìa, patri Timoteo! C’è periculu ca, su jemmu avanti cu sti vuci, si ricampa (trad: radduna) na chiazza!

TIMOTEO: Chi puozzu fari pi vui? – (Che posso fare per voi?)

LIGURIO: Tantu pi cuminciari, vuliemmu fari na limosina u cummientu… diciemmu deci, vinti ducati…

TIMOTEO: Faciemmu trenta, accussì si viaggia cchiù cuòmidi! – (Facciamo trenta… E così si viaggia più comodi!)

NICIA: A facci do caciucavaddu! E cuomu fu lestu a ghisari ((trad: alzare) u priezzu!

TIMOTEO (a Ligurio): Ci sintiu? – (Miracolo!… Ci ha sentito!)

LIGURIU: No. Vi liggiu ne labbra!

TIMOTEO: Nun ghiè che sordi ficiru viniri a ntisa u surdu? – (Non è che i soldi fecero venire l’udito al sordo?)

NICIA (tornando a fingere): Gisa ma scuordu? E cu caspita è, Gisa?

LIGURIO (fa cenno con le mani di smetterla, urlando): Uora basta, ripuositi!… (a Timoteo) Parò, duopu a limosina, n’ata fari un favuri.

TIMOTEO: Sintiemmu! – (Sentiamo!)

LIGURIO (indicando Nicia): A figghia di sa cuscinu nisciu ncinta…

TIMOTEO: U Signuri dissa: crisciti e multiplicativi… auguri! – (Disse il Signore: crescete e moltiplicatevi… auguri!)

LIGURIO: Ma, nun ghiè maritata…

TIMOTEO: Allura su peni! – (Allora son guai!)

LIGURIO: Ci fussuru autri deci ducati di binificienza…

NICIA (con voce strozzata): Autri de… de… deci ducati!

TIMOTEO: C’è nenti i fari!… Tuccannu i sordi, chistu ci sienta! – (C’è niente da fare!…. Se tocchi i soldi, costui ci sente subito!

LIGURIO: Parciò, a carusa avissa bburtiri…

TIMOTEO: E ìu chi ci trasu? – (Ed io che c’entro?)

LIGURIO: Suor Fidelia, a matri badissa, è amica vostra…

TIMOTEO: A canusciu, chistu sì… semu genti di Diu tutti dui; ma nun pozzu diri ca semu amici… – (Amica!… La conosco, questo sì!… Siamo servi di Dio tutt’e due, ma per dire ch’è amica mia in senso stretto… ci vuol ben altro!)

LIGURIO: Sacciu ca, quarchi travagghiu di chissu, idda u fa…

TIMOTEO: Nun no sacciu! – (Sai più di me, perciò!)

LIGURIO: Ssi deci ducati i putissuvu dari a idda…

TIMOTEO: E’ difficili… – (E’ difficile…)

LIGURIO: Mi stati diciennu di no?

TIMOTEO: Chi ci trasa?… putissa essiri macari sì… fuorsi cu cchiù sordi… – (Che c’entra?… Può anche essere sì… forse con più soldi…)

LIGURIO: Vinti?

TIMOTEO: Trenta e amu fattu l’affari! – (Trenta e facciamo l’affare!)

NICIA (occhi al cielo): Figghiu miu, quantu mi costi!

LIGURIO: Mutu e nescia i sordi!

NICIA (porgendo una borsa): aiu sulu cinquanta ducati.

TIMOTEO (la prende a volo): Va beni u stissu! Megghiu picca e subutu! – (Date qua! Meglio pochi, maledetti e subito!)

LIGURIO: Curru a diri ca l’affari si fa… vaiu e tuornu!

(esce.)

Scena V

Personaggi: Nicia, Timoteo.

TIMOTEO: Quant’anni avi a carusa? – (Quanti anni ha, la ragazza?)

NICIA: Nun vi sientu!

TIMOTEO: Diciva: quant’anni avi a carusa? – (Volevo sapere l’età della ragazza!)

NICIA: Cchiù forti!

TIMOTEO: Nenti, nun ti dari pinseru! Tuttu a puostu! – (Lascia perdere! Va tutto bene!)

NICIA: No sacciu chi cumminau Liguriu!

TIMOTEO (dopo averci riflettuto): Faciemmu accussì… (senza urlare) avanzu autri deci ducati! – (Vediamo se così ci senti…(senza urlare) devi darmi altri dieci ducati!)

NICIA: Ancora sordi circati?

TIMOTEO: U vidi ca cu e sordi ci senti? – (Visto?… Coi soldi ci senti!)

Scena VI

Personaggi: Ligurio, Timoteo, Nicia.

LIGURIO (sopravvenendo): Ci su novità!

TIMOTEO: Quali novità? – (Quali novità?)

LIGURIO: A carusa si bburtiu sula!

TIMOTEO: Fermu jocu! Chi mi cuntati? U travagghiu ìu era prontu a farlu e i sordi… (si batte la mano sulla tasca) restunu cca! – (Alt!… I patti erano chiari!… Io il lavoro l’avevo accettato ed i soldi… (si batte la mano sulla tasca) restano a me!)

LIGURIO: Chi è manera di ragiunari, chista?

TIMOTEO: No. Ma u stissu i sordi nun ve dugnu. – (No. Ma, i soldi restano qui lo stesso!)

LIGURIO: Armenu fàtini n’autru favuri…

TIMOTEO: A parità di prezzu, va beni. – (Se non cambia il prezzo, va bene.)

LIGURIO: E’ na cuosa cchiù facili, su è pi chissu.

TIMOTEO: Di chi si tratta? – (Di che si tratta?)

LIGURIO: Vo dicu a sulu!

(Ligurio prende a braccetto fra’ Timoteo e si allontana.)

Scena VII

Personaggi: Nicia.

NICIA: Ma, chi sugnu mbriacu?… Giustamenti… cu mi ci purtau a dari adiènzia (trad: ascolto) a unu cuomu a Liguriu?… Antura (trad: poco fa) dissa na cuosa, uora n’autra!… E giustamenti… pirchì tutta dda discussioni supra a niputi ncinta e a matri badissa ruffiana?… Nun ci capìiu na mazza!… Sacciu sulu ca m’anu bbulatu (trad: sono volati) cinquanta ducati e giustamenti… ancora sugnu misu cuomu un baccalà… spittannu du scimuniti… e senza ca do ma fattu si n’a parratu ancora!

Scena VIII

Personaggi: Timoteo, Ligurio, Nicia.

TIMOTEO (venendo con Ligurio): Mannatila subutu. – (Allora, siamo intesi! Mandatemela.)

LIGURIO (a Nicia): Tuttu appuostu! N’aiuta!

NICIA: Giustamenti… uora sugnu cchiù tranquillu!… (a Timoteo) Chi vena masculu?

TIMOTEO: Cu tantu di giummu! – (Maschio e con tanto di campanile!)

NICIA: Giustamenti… mi raccumannu!

TIMOTEO: Mannimi a ta mugghièri, ntantu! – (Abbi fiducia, figliuolo!… Manda tua moglie… e con una bella mano divina… il risultato è garantito!)

LIGURIO: Faccuntu ca vena!… Ni vidiemmu, patri Timoteo!

NICIA: Paci e beni!

TIMOTEO: E tanti cuosi frischi! – (Andate, figluoli!… (a Nicia) E tu, mi raccomando, stai attento quando passi sotto gli archi!)

(Nicia e Ligurio vanno via.)

Scena IX

Personaggi: Timoteo.

TIMOTEO: Stu figghiu di bona fimmina! Liguriu mi furrijau cuomu vuliva iddu!… Prima mmintàu a storia da carusa ca ava bburtiri pi vidiri finu a chi puntu ci jiva d’appriessu… Su diciva di no, nun ghièra vieru nenti… Accussì, sulu quannu vista ca putiva parrari chiaru chiaru, misa i carti ntavula… Buonu pi mìa! Piensu ca da sta faccenna ci pozzu tirari u ma bieddu nteressi! – (Che figlio di buona donna, quel Ligurio! Mi ha girato come voleva… Prima ha inventato la storia della ragazza da fare abbortire per vedere fino a che punto gli andavo dietro… Così, se avessi detto no, non era vero nulla e la cosa finiva lì… Quando, ha capito che con me poteva parlar chiaro, ha messo le carte in tavola… Buon per me! Penso che da questa storia potrò tirarci il mio bel tornaconto!)

(Si allontana.)

Scena X

Personaggi: Sostrata, Lucrezia.

SOSTRATA (entrando con Lucrezia): Ci poi mittiri a manu no focu!… Chi ti cunsigghiassa na cuosa tinta?

LUCREZIA: Veramenti, i cunsigghia ìu i pìgghiu sulu do ma anuri, mamma! Chista mi para n’azioni di copp’e fumu (trad: puttana)!

SOSTRATA: Nveci, no! E’ u muodu di fari da matri di famigghia!… E da mugghieri!… A mugghieri nun ghiè vera mugghieri su nun ci duna i figghi a sa maritu!

LUCREZIA: Nun mi cummìncia!

SOSTRATA: E su i stissi cosi te dìcia u monicu?

LUCREZIO: N’omu di Diu nun duna cierti cunsigghia!

Scena XI

Personaggi: Sostrata, Lucrezia, Timoteo.

TIMOTEO (entrando): Pace e bene!

LUCREZIA – SOSTRATA: Sia lodatu Giesù Cristu!

TIMOTEO: E sempre sia lodato! (a Lucrezia) U sacciu zzuoccu vuliti sapiri… Ta maritu già mi parrau. – (So tutto!… E’ venuto già venuto tuo marito.)

LUCREZIA: E parciò?

TIMOTEO: Aiu studiatu a faccenna… aiu nterrogatu cientu libbra,,, aiu parratu cu santi e cu profeti… Secunnu Ezechiele, Daniele e u venerabbilissimu Isaìa, dubbi nun ci ni sunu… – (Ho studiato attentamente la faccenda… Ho interrogato i sacri libri… Secondo Ezichiele, Daniele ed il venerabilissimo Isaia, dubbi non ce ne sono…)

LUCREZIA: Nun si po fari, è vieru?

TIMOTEO: Nveci si po fari! – (Invece, si deve fare!)

LUCREZIA: Stati buffuniannu?

TIMOTEO: E chi ti parunu cosi ca si ci po jucari? – (E ti sembrano cose da burla?)

SOSTRATA (si sforza di parlare in italiano): Lucrezia, non mancari di rispetto a padri Timoteo!

LUCREZIA: Cu tuttu u rispiettu, u vostru, resta un cunsigghiu curiusu!

TIMOTEO: Vista di luntanu, ai ragiuni… – (Vista da lontano, è come dici.)

LUCREZIA: E di vicinu?

SOSTRATA: E’ chiassai u spagnu ca autru!

TIMOTEO: E’ un sacrificiu p’amuri do Signuri. – (Da vicino.. è cosa santa e giusta… Pensalo come un sacrificio, un fioretto a Gesù Bambino!)

SOSTRATA: Mancu tantu pisanti!

TIMOTEO: Taliammula teologicamenti!… Aviemmu na cosa bona e una tinta. A bona è ca nesci ncinta. A tinta è ca t’a curcari cu unu ca nun canusci e ca sparti a muriri… Cuminciammu di chistu: unu, stu cristianu si po macari sarvari; dui, su mora va mparadisu, garantutu!… Appoi, pi l’attu ca a fari… piccatu è quannu c’è piaciri!… E cca piaciri nun ci n’è!… O, su a mugghièri mbrogghia u maritu e ta maritu u sapi e ghiè d’accuordu!… I figghi di Loth, dìcia a Bibbia, si curcarru co patri e nun fìciru piccatu. U sai pirchì? – (Guardiamola teologicamente!… Ti si chiede di fare una cosa buona ed una cattiva. La buona è che resti incinta, la cattiva è che devi andare a letto con un tizio che non conosci. il quale per di più è destinato a morire… Cominciamo da qui: primo, quest’uomo potrebbe pure uscirne vivo; secondo, se muore va sicuramente in paradiso! Eppoi, per ciò che devi fare… è peccato se c’è piacere!… E nel nostro caso il piacere non c’è!… Opuure, il peccato ci sarebbe quando la moglie inganna il marito… Ma, tuo marito lo sa ed è d’accordo!… La Bibbia dice che le figlie di Loth giacquero col padre e non fecero peccato! Lo sai perché?)

LUCREZIA: Pirchì?

TIMOTEO: Pirchì nun pruvarru piaciri! – (Perché non provarono piacere!)

LUCREZIA: Allura u fazzu?

TIMOTEO: Senza pirdiri tiempu! – (E senza perdere tempo!)

LUCREZIA: E pi l’assoluzioni?

TIMOTEO: Va dugnu nticipata! Cuomu su v’avissuvu mangiatu a carni a duminica! – (Già data! E’ come se tu avessi mangiato carne di domenica!)

(Buio sulla scena.)

FINE DELLA PARTE I

PARTE II

TERZO INTERMEZZO

Scena unica

Personaggi: cantante.

CANTANTE (si fa avanti): Tanto dolce è l’inganno,

Se giunge infine il traguardo ambito!

Esso toglie l’affanno

Al faticoso vivere mortale.

E’ l’intelletto il dono preferito

Quando virtù il nobil uomo assale!

E se l’inganno è per follìa d’amore,

Non ti fermare al mezzo… e bada al cuore!

(Salvatore Paolo Garufi)

(Il cantante ritorna al suo posto, mentre s’illumina la scena.)

ATTO IV

Scena I

Personaggi: Callimaco, Sostrata.

CALLIMACO (entrando con Sostrata): Matri, chi scantu ca aiu ncuoddu!

SOSTRATA: E pi quali mutivu? Si un bieddu carusu! Su ma figghia pigghiau picca picca di mia…

CALLIMACO: Pirchì nun na canusciu prima? Pirchì a facistuvu maritari cu nu viecchiu babbu?

SOSTRATA: I mariti ana aviri i sordi, pe biddizzi ci su l’amanti!

CALLIMACO: Ciertu! Parrati, parrati… Ma Liguriu ancora nun turnau!… E’ mezzanotti e ava ghièssiri cca all’unnici!

SOSTRATA: Veramenti ai raggiuni!

CALLIMACO: Succiessa cosa, mo sientu! Certi voti, a spirtizza e a furtuna sunu cuomu i piatti da vilanza: cchiana una e scinna l’autra!

SOSTRATA (ride): E certi voti semu cuomu na navi mmezzu a nègghia… unu accumincia a scantàrisi quannu a terra è vicina!… Cerca di stari cuntentu, nveci… Canusciu a Liguriu!

CALLIMACO: Liguriu nun po cangiari a volontà di vostra figghia… Ssa fimmina mi para ca ci avi un cori duru cuomu a petra!

SOSTRATA: Macari a petra si sciogghia ne manu giusti!

Scena II

Personaggi: Callimaco, Sostrata, Ligurio.

LIGURIO (entrando): Ma, unna ti ni jisti? Avi n’ura ca ti ciercu!

CALLIMACO: Mancu m’aiu muvutu!

LIGURIO: Nveci, ìu ti jiva circannu pedi pedi: arrivai a ta casa, appoi calaiu a chiazza e duopu a chiazza lurda. Jìiu u bagghiu de Spini, no purticatu de Tornaquinci e uora stava jennu rittu rittu a Palazzu Vecchiu.

SOSTRATA: E pirchì tuttu stu giru?

LIGURIO (indicando Callimaco): Pinsava ca nun putiva stari fiermu… I nnamurati annu argientu vivu ncuoddu, si sapi!

CALLIMACO: Lassa perdiri sti babbarii! Chi novità ci sunu?

LIGURIO: Buoni. Ci semu quasi!

SOSTRATA (si avvicina a Ligurio): E ìu, chi riestu cu a ucca asciutta?

LIGURIO (ride): Ci mancassa autro!

SOSTRATA (andando via): T’aspiettu, allura!

LIGURIO: Nun sarà na cuosa luonga!

SOSTRATA: U spittariti no, ma po riestu speriamu di sì!

(Sostrata esce di scena.)

Scena III

Personaggi: Callimaco, Ligurio.

CALLIMACO (ansioso): Uora ci voi parrari anticchia cu mìa?

LIGURIO: Cuomu no! Sugnu cca apposta!

CALLIMACO: Va beni pi daveru?

LIGURIO: Lisciu cuomu l’uogghiu!

CALLIMACO: Idda è cuntenta?

LIGURIO: Chissu appoi dipenna di tìa!

CALLIMACO: Ma, u monicu chi ti dissa?

LIGURIO: Tuttu a puostu!

CALLIMACO: Bravu patri Timoteo!

LIGURIO: Ci volinu n’autri cinquanta ducati, parò?

CALLIMACO: Pi iddu o pi tìa?

LIGURIO: Pi tutti dui!

CALLIMACO: A cosi fatti, paju.

LIGURIO: Mi fidu! Ma, uora su sissanta!

CALLIMACO: Ciertu ca si na cuosa fitusa!

LIGURIO: Su ti para caru, a putemmu macari ammugghiari (trad: lasciar perdere)!

CALLIMACO: Sta beni pi sissanta!

LIGURIO: A priparasti a midicina?

CALLIMACO: L’aiu ncasa!

LIGURIO: Chi ghiè?

CALLIMACO: Vinu cuottu, cu cannedda e pipispezi… Fa risbigghiari!

LIGURIO: Allura purtammiccilla o curnutu!

CALLIMACO: C’è n’autru problema…

LIGURIO: Chi problema?

CALLIMACO: Dissimu ca s’ava circari a unu…

LIGURIO: E allura?

CALLIMACO: Cuomu fati a pigghiari a mìa su sugnu cu vuautri?

LIGURIO: E’ chisstu u problema?

CALLIMACO: Su ti para nenti!

LIGURIO: U puostu to faciemmu vistiri a patri Timoteo.

CALLIMACO: Chi dici?

LIGURIO: Avi a ta stissa fiùra… mascaratu e o scuru… si cunfunna!

CALLIMACO: A pinsata è bona!

LIGURIO: Sugnu cuntientu ca ti piàcia…

CALLIMACO: E su quannu mi pigghiati u maritu mi ricanuscia?

LIGURIO: Dduocu a ghièssiri capacità to! Stracànciti!… Vidiemmu: storcia a ucca e chiuda l’uocchiu!

CALLIMACO (esegue.)

LIGURIO: Si siempri tu, parò ca faccia di scimunitu!

CALLIMACO (provando altre smorfie): Accussì, allura?

LIGURIO: Uora pari fru-fru!

CALLIMACO: Su t’infuormi cu ta suoru cangi pinseri!

LIGURIO: Iu suoru nun n’aiu… Puozzu dumannari a ma frati!

CALLIMACO: Nun mm’a vistu mai, ìu stava darretu!… Uora chi dici? Mi passu a nuttata faciennu smòrfii?

LIGURIO: Ncasa aiu un nasu fintu… Appoi ti piazzi cca e ti metti a pisu muortu supra a banchina… U restu piensu ìu.

CALLIMACO: E su idda nun ci sta?

LIGURIO: Dduocu nun ti si po dari aiutu!

CALLIMACO (guarda Siro che viene): Sta viniennu Siru… Menu mali ca nun ghiè mbriacu!

LIGURIO: Curru a pigghiari u nasu.

(Ligurio va via.)

Scena IV

Personaggi: Callimaco, Siro.

CALLIMACO (urlando): Siru, curra ncasa e pigghia u biccheri d’argentu ca tegnu dintra a muarra. Stai attentu ca è chinu… Portulu do dutturi Nicia senza fari cascari na goccia nterra.

SIRO: Va beni, va beni!… Appoi diciunu ca i vucialora semu nuautri viddani!

(Corre via.)

Scena V

Personaggi: Callimaco.

CALLIMACO: Uora resta sulu di spittari… Signuri! Chista putissa essiri l’ultima notti da ma vita! Su nun mi duna adienzia, m’attaccu un lazzu o cuoddu e mi jettu no sciumi!… (passeggia, poi guarda lontano) Ma, chi vidu? Liguriu ansemula a nu sciancatu! Vo vidiri ca è patri Timoteo… Uora spunta macari Siru ca turnau da casa do dutturi…

Scena VI

Personaggi: Siro, Ligurio, Callimaco, Timoteo.

SIRO (entra con gli altri, indicando Timoteo. Ligurio porta in mano un sacco ed un bastone): Cu è?

LIGURIO: Un cristianu appuostu.

SIRO: E’ sciancatu o fa finta?

LIGURIO: Si scemu o fai finta?

SIRO: Avi na faccia di vicaria!

TIMOTEO: Uora te giustu ìu i pinsera, su nun stai mutu! Unna è u ta patruni? – (Ancora una parola e quel cervello di gallinaccio te l’aggiusto io, a suon di bastonate! Dov’è il tuo padrone?)

CALLIMACO: Sugnu cca!

TIMOTEO (indicando Siro): Tàgghici a lingua!… Nun vulissa ca ni rumpa l’ova no panaru! – (E’ meglio tagliargli la lingua!… Questo è capace di mandare tutto in vacca!)

CALLIMACO (a Siro): Fai zzuoccu ti dicia… Ci o purtasti u biccheri?

SIRO: Gnorsì!

CALLIMACO: Ci furru problemi?

SIRO: Gnornò!

LIGURIO: A chiacchira è bella, ma c’è travagghiu i fari! Jemmu a pigghiari u dutturi!

SIRO (guarda fuoru): Sta viniennu!

LIGURIO (a Callimaco): Di cursa mettiti u nasu fintu… (gli porge il naso e questi lo indossa. Poi, gli infila il sacco in testa e fa finta di dargli un colpo di bastone) Cascasti, finalmenti!

(Callimaco finge di cadere svenuto.)

LIGURIO (a Nicia che entra): Cascau u merlu!… U putiemmu purtari a casa!

(Buio sulla scena.)

QUARTO INTERMEZZO

Scena unica

Personaggi: principe, principessa.

PRINCIPESSA: Mi sono annoiata!

PRINCIPE: Non vi è piaciuto l’inganno?

PRINCIPESSA: Dopo morti, che c’importa del miserabile affanno di un amante?

PRINCIPE: Sorrideteci sopra, almeno.

PRINCIPESSA: Anche questa è una delle vostre bestemmie.

PRINCIPE: Chi, come noi, ormai sa che il vuoto della morte è l’unica eternità concessa all’uomo, avrebbe voluto consegnargli una vita molto piena!

PRINCIPESSA: Come la vostra?… Dimenticate gli intrighi, le incomprensioni, i molti nemici?… Forse, addirittura, un giorno sapranno che siete morto avvelenato da vostro padre!

PRINCIPE: Queste cose contano poco!… Io appartengo alla storia e la storia chiude i suoi personaggi in una gabbia.

PRINCIPESSA: E che resta di voi, nella storia?

PRINCIPE: Ciò che resta di tutti… Ciò che ad altri piace, o fa comodo, ricordare.

PRINCIPESSA: Andiamo via, perciò! Lasciamola ai vivi la fine di questa vicenda banale!

(Si alza ed esce accompagnata dal principe e dal seguito. Si riaccendono le luci sulla scena.)

ATTO V

Scena I

Personaggi: Timoteo.

TIMOTEO: Chista è bella! Ognunu si fìcia i sa chiffari e ìu nun potti durmiri… Ormai è ghiuòrnu e Callimacu non nescia ancora da casa do dutturi. – (Guarda lì! Si sono sistemati tutti e solo io non ho chiuso occhio… Ormai s’è fatto giorno e Callimaco è ancora a casa del dottore.)

(Esce.)

Scena II

Personaggi: Nicia, Callimaco, Ligurio, Siro.

NICIA (uscendo, mentre gli altri tengono Callimaco col sacco in testa): Tinitulu!

CALLIMACO: Nun mi struppiati!

LIGURIO: Chiddu ca facisti, parò ti piacivu!… Nun ti scantari, uora ti lassammu jiri.

NICIA: Nun pirdemini nchiacchiri, ca già giustamenti… si fìcia juornu!

LIGURIO: E’ veru!… Faciemmulu furriari na para di voti e lassammulu cca.

SIRO (fa girare Callimaco su se stesso): Furria, vastasu!

NICIA (quando Siro finisce): Dammiccilla n’autra furriata!

SIRO: Giustamenti!… Veramenti stanotti a statu scutuliatu picca!

(Lo fa girare ancora, poi lo libera e lo fa scappare.)

NICIA: Uora turmammu i casi!… Giustamenti… stamatina, ama nisciri prestu, accussì nuddu piensa mali.

LIGURIO: Ch’avissa a pinsari, a genti?

NICIA: Su vidunu ca stanotti nun amu durmutu, giustamenti… pigghiunu nformazioni… e a ssi cosi si sapi cuomu cuminciunu, ma no cuomu finisciunu!

LIGURIO: Dduocu ai ragiuni!

NICIA: Iu ai siempri ragiuni!… (a Siro) Tu, vatinni no dutturi e dicci ca è tuttu a postu!

SIRO: Chiddu i cosi i sapi megghiu di nuautri!

LIGURIO: Semmu nuautri ca nun sapiemmu zzuoccu successa pi daveru!

NICIA: Vuliti ca vo cuntu?

LIGURIO: Cunta, cunta!

NICIA: I cosi di stanotti!… Giustamenti… c’è di mmazzarisi de risati! Ma mugghièri era curcata o scuru… Subutu trasìi cu ddu carusazzu e u chiusu dintra a muarra!… Appoi, cu sulu a luci da cannila, a rapìi e giustamenti… u fici spugghiari! Iu u branchiava (trad: malmenavo) e iddu tuttu pigghiatu di scantu si spugghiàva…

SIRO: Si spugghiàu nudu?

NICIA: E ciertu! Cuomu u fìcia sa matri!

LIGURIO: E chi ci ava mittiri, a vestaglia? Chi dumanni fai, Siru!

SIRO: E’ ca piensu… ca ccussì si ci visturu tutti i stigghi (trad: attrezzi da lavoro)!

NICIA: E cuomu, nun ne vistu?!… Aia ghièssiri onestu. Aviva na carni janca e dura, ca giustamenti… unu mancu so cridiva nno carusazzu di strata!

LIGURIO: Taliastuvu a tutti i banni?

NICIA: Na vota ca aviva i manu mpasta… Giustamenti… non si sapi mai! Alluvoti (trad: se per caso) c’era quarchi malatia (sic)… Mi cuntrullaiu a merci!

LIGURIO: E com’era?

NICIA: Perfetta! Sanu cuomu un pisci!

SIRO: Fìcia beni. Macari ìu quannu fazzu a spisa taliu su u masculinu è friscu.

NICIA: Ca quali masculinu!… Dda c’era un lucciu cu setti fila e denti… prontu a muzzicari!

LIGURIO: Povira signura, parciò! A scannau tutta!

NICIA: Ca ciertu! I vuci si sintierru!

LIGURIO: E quantu duravu, a mattanza?

NICIA: Finu a quattr’uri i cuntai… Appoi, m’addurmiscii.

LIGURIO: Quattr’uri?

NICIA: Veramenti i cincu m’arrisbigghiài e i vuci ancora fitièvuni!… Parò, ìu giustamenti… u jìiu a ricogghiri, macari ca ddu disgraziatu vuliva continuari… Tanticchia mi fìcia pena!

LIGURIO: E pirchì?

NICIA: U piseru ca tuttu u piaciri di stanotti iddu l’ava pajari ca pilliccia!

LIGURIO: E chi ti ntaressa? Fatti so!

NICIA: Appoi, giustamenti… ormai è fatta!… (a Siro) Vatìnni nno dutturi!

LIGURIO: D’accuordu, ricugghiemmini a casa!

(Escono.)

Scena III

Personaggi: Timoteo.

TIMOTEO (di passaggio): M’aiu scutatu tutta a storia!… Chista, su ma sacciu spinniri, è a ma furtuna!… Unu scemu accussì nun si lassa jiri cchiù!… Uora u trovu pi mìa, u sistema di pigghiarici sordi e mugghièri! – (Ho sentito tutto!… Se me la so giocare, questa è la mia fortuna!… Bisogna tenerselo caro, un cretino del genere!… Vuoi vedere che un bel sistema di pigliargli i soldi e la moglie lo trovo pure io?)

(Esce.)

Scena IV

Personaggi: Callimaco Ligurio.

CALLIMACO (entra con Ligurio): A prima vota nun mi piacìu tantu assai… Appoi, ci potti diri tutta a virità, tantu ormai u sapiva chi differenza c’è tra mìa e ddu mmuccabagghi di sa maritu!

LIGURIO: E si siddiàu?

CALLIMACO: Po ghièssiri, pirchì mi dissa ca su nno munnu sunu unu cchiù figghiu di buttana di n’autru, compresi matri mariti e monici, nun ghièra u casu ca spariggiava idda!

LIGURIO: E parciò?

CALLIMACO: Parciò vola co discursu di na sira diventa discursu d’ogni sira… Auoggi ni faciemmu cumpari.

LIGURIO(ridendo): Pi parrinu ti cunsighiu patri Timoteo!

CALLIMACO (ride): Cu c’è megghiu d’iddu?

(Vanno via.)

Scena V

Personaggi: Nicia, Lucrezia, Sostrata.

NICIA (a Lucrezia, entrando con lei e Sostrata): Ma, chi discursa su’? Giustamenti… a mìa, chissi, mi parunu pazii!

LUCREZIA (aggressiva): A stu puntu, chi autru s’avissa fari?

NICIA (a Sostrata): U vidi cuomu rispunna?

SOSTRATA: Nun fàrici casu! E’ pigghiata de tarantuli!

LUCREZIA: Chi vulissutu diri?

NICIA: Calma, mugghièri mia, calma! Va beni!… Giustamenti… su ama fari stu sangiuvanni cu u dutturi, faciemmulu! Stamatina pari n’autra!

LUCREZIA: Aia diri grazii a tìa!

Scena VI

Personaggi: Nicia, Lucrezia, Sostrata, Timoteo, Callimaco, Ligurio.

(Entra Timoteo.)

NICIA: Bona dies, patri!

TIMOTEO: Paci e beni a tutti… (a Lucrezia) a tìa, figghia, auguri po figghiu masculu! – (Pace e bene a tutti!… (a Lucrezia) A te, figliuola, auguri… Ora anche tu hai… il maschietto!)

LUCREZIA: Speriamu u Signuri!

TIMOTEO: U Signuri è d’accuordu! – (Dio è d’accordo!)

NICIA: Chi fa, Liguriu e u maestru Callimacu stannu viniennu cca?

TIMOTEO: Già vinìrru. – (Son già venuti.)

NICIA: Giustamenti… chiamatili!

TIMOTEO (forte): Nisciti, ci sunu visiti! – (Venite! Ci sono visite!)

CALLIMACO (uscendo con Ligurio): Bona dies, doctor!

NICIA: Dutturi, datici a manu a ma mugghièri!

CALLIMACO: Cu piaciri!

NICIA: Lucrezia, su nèsci ncinta, giustamenti… ci ama diri grazii a stu signori.

LUCREZIA (prendendo la mano di Callimaco, dolce): Allura, pirchì nun no pigghiammu pi cumpari?

NICIA: Oh, finalmenti t’a carmatu!… A stu puntu, giustamenti… vogghiu ca u dutturi e Liguriu vienunu a mangiari nni mìa!

LUCREZIA: Vinissa, dutturi!

LIGURIO: Vegnu macari ìu, signora Lucrezia!

NICIA: Quasi, quasi… ci dassa a chiavi do pianterrenu… Puvurieddu, è senza mugghieri, macari ca si volissa ripusari…

LICREZIA: Pigghiativilla, dutturi!

LIGURIO: Ma pigghiu macari ìu, signura Lucrezia?

SOSTRATA: No. A tìa ti dugnu chidda da ma casa!

TIMOTEO: E a ma limosina? – (Ed i miei poverelli?)

CALLIMACO: Auoggi pruvvedu.

LIGURIO: E a Siru nun ci piensa nuddu?

SIRO (uscendo): E’ vieru!… Dutturi Nicia, chi vi scurdastuvu di mia?

NICIA: Sugnu truoppu cuntientu, aiuoggi! Vena a fari u cammareri na ma casa!

LUCREZIA: Tutti nchiesa, parciò, pi ringraziari u Signuri!

(Si avviano festanti.)

EPILOGO

Scena unica

Personaggi: cantante.

CANTANTE: Perchè la vita è brieve

E molte son le pene

Che vivendo e stentando ognun sostiene,

Dietro alle nostre voglie

Andiam passando e consumando gli anni,

Ché chi il piacer si toglie

Per viver con angosce e con affanni

Non conosce gli inganni

Del mondo, o da quali mali

E da che strani casi

Oppressi quasi sono tutti i mortali!

(Nicolò Machiavelli)

FINE DELLA COMMEDIA