Rocambole Garufi, “Il Grande Fratello, ovvero il Male Assoluto con la Statolatria Totalitaria”

XI

Il Grande Fratello, ovvero il Male Assoluto della Statolatria Totalitaria

di Rocambole Garufi

Il correre dell’umanità verso il vuoto Orwell – sebbene ancora a un livello confuso e larvale – l’aveva intuito in Keep the Aspidistria Flying. Gordon Comstock, il poeta vittima della società basata sul denaro, era anch’egli caduto in questa negatività. Infatti, in tutto il periodo della sua “boheme”, nel tentativo disperato di scrivere il poema della sua vita, anzicchè scrivere nuovi versi, era andato man mano distruggendo i pochi che aveva scritto prima.

Il mestiere del poeta non ha senso, infatti, in una società schiava della ferrea logica del profitto. È stata, forse, questa la grande intuizione di Orwell. Egli è andato, anche se senza molta coscienza teorica, alla radice dei mali a lui contemporanei: vedeva che piano piano la società andava prendendo uno sviluppo unidimensionale.

Adesso, in 1984, la negatività della quale era stato vittima Comstock si è allargata a tutta l’esistenza. La logica del denaro si è sempre più inaridita, è diventata razionalismo deteriore, trovando nella tecnologia avanzata il suo più efficace supporto.

In un simile contesto, le differenze fra individuo e individuo sono venute sempre più scomparendo, l’alienazione si è fatta totale. La tecnologia avanzata, così, ha portato il totalitarismo. L’uomo è stato espropriato della sua anima e reso schiavo da un potere che ha riempito di slogan il suo vuoto interiore.

La morte della storia, per questo, non va intesa come conseguenza della società totalitaria. È vero il contrario: il totalitarismo nasce e si sviluppa sull’assenza della storia.

Infatti, scrive l’Howe:

“Lo stato totalitario presuppone che – data la tecnologia moderna, il completo controllo politico, i mezzi per realizzare il terrore e un disprezzo razionalizzato per la tradizione rurale – qualsiasi cosa sia possibile. Si può fare qualunque cosa agli uomini, arrecare qualunque offesa alla loro mente, alla loro storia, alla loro morale” 1.

Uno stato di così sinistra efficienza, in fondo in fondo, nasce dall’utopia razionalista, dalla pretesa di risolvere tutti i problemi in termini geometricamente astratti.

L’archetipo del Grande Fratello è Robespierre. La logica del profitto, infatti, nasce dall’assenza di motivazioni ideali. Negata la sfera etica, i “valori”, l’unica motivazione che fa agire l’uomo, a questo punto, può essere solo l’interesse, il profitto. Così, astraendo sempre di più, l’uomo finirà per negare se stesso in nome del profitto.

La tradizione storica, invece, è ricca di pregiudizi ereditati dal passato e non di rado irrazionali. Se però, in nome dell’efficienza, si negano e si distruggono tali pregiudizi, si nega e si distrugge la storia.

Dal razionalismo spinto all’eccesso nasce uno stato che vorrà risolvere tutti i problemi, che spingerà il suo interesse in tutti i campi della vita dei suoi sudditi. Uno stato che, immancabilmente, finisce per diventare elefantiaco e totalitario.

“Dal feticismo dello stato scaturisce quello dei beni di consumo” 2.

E così:

“… acquisterete un gran numero di oggetti costosi dei quali non avete assolutamente bisogno”3.

“Successivamente la grade società si preoccuperà di garantire il benessere psicologico della maggior parte dei suoi membri. Questo si chiama: “l’educazione alla democrazia in condizioni di industrializzazione di massa”

E questa è la Sociolatria:

“Si tratta di adattare l’individuo al ruolo sociale senza liberare alcun altra forza di natura…” 4.

L’antiutopia di 1984 nasce da un’analisi di questo tipo. Anzi, forse tutta l’opera di Orwell non è altro che la rappresentazione della dicotomia tra individuo e organizzazione sociale. Per il Nostro i due termini erano inversamente proporzionali. Se prendiamo, per esempio, il mondo del sottoproleriato di Down and Out in Paris and London vediamo che lì, dove i lacci sociali sono ridotti al minimo, grande è la sfera della libertà individuale e la descrizione di Orwell si avvale di un tono brioso e leggero, anche quando si sofferma sulla più squallida miseria.

Ciò dimostra che egli fondamentalmente fu un anarchico, più proteso ad affermare se stesso che a seguire disegni di cambiamento globale del mondo. Questi, infatti, per Orwell avevano il grosso difetto di portare alla sociolatria, all’origine del totalitarismo.

Ha poca importanza, a questo punto, se la sociolatria si esprime con la brutalità della dittatura o con l’ipocrisia democraticistica. Ciò sembra trasparire in maniera abbastanza evidente in Coming up for Air. Lì l’individuo viveva in un contesto come quello della democrazia inglese, ancora oggi da molti additata a modello.

In chiusura del libro, poi, Orwell descrive un fatto degno delle peggiori dittature latino-americane: una bomba viene sganciata per errore in un quartiere di una grande città, causando la morte di molte persone. Ebbene, l’allucinante episodio viene ridotto dalle autorità a pura statistica. La bomba, secondo loro, ha causato un numero relativamente basso di morti. L’effetto, quindi, è stato “deludente”. Meno di così l’individuo non so quanto potrebbe contare!

Come si vede, Orwell non si lascia incasellare facilmente, la sua critica colpisce dove c’è da colpire. Per questo forse è risultato odioso a molti. Per questo molti hanno cercato di limitarne e banalizzarne la tematica.

Ciò lo ha messo ben in evidenza l’Howe, scrivendo:

“Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che 1984 sia essenzialmente un sintomo della condizione psicologica di Orwell, l’incubo di un uomo afflitto da scompensi psichici e da fantasie paranoiche, fortemente turbato dalla sporcizia e timoroso del contatto sessuale che potrebbe provocargli una punizione da parte delle autorità. A parte la sua intollerabile superficialità, una “spiegazione” del genere, spiega troppo o troppo poco. Quasi tutti hanno degli incubi e moltissime persone hanno opinioni ambigue nei riguardi del sesso, ma pochi riescono a scrivere libri della potenza di 1984. Il libro può essere un incubo e non vi è dubbio che esso affondi le radici, come ogni altro libro, nella psiche dell’autore, con le sue turbe. Ma le affonda anche nella parte sana della sua psiche, altrimenti non potrebbe penetrare così a fondo nella realtà sociale della nostra epoca. L’incubo personale, se pur incide, è in rapporto assai stretto con gli avvenimenti pubblici e ci aiuta a comprenderli” 5.

Ma torniamo al racconto. Nella società di Oceania il malessere di Winston Smith si fa sempre più evidente. Egli vorrebbe tornare a sentirsi un uomo, avere un minimo di autonomia, uno spazio tutto suo, lontano dal controllo sociale. Nasce così il conflitto tra l’incipiente coscienza del proprio “io” di Smith e la sociolatria dominante.

Qui il romanzo perde quell’immobilità che l’argomento e il tono iniziale avevano fatto temere.

Sarebbe però sbagliato pensare al contrasto tra Smith e la società in termini eroici. La rivolta del giornalista, infatti, non si pone mai in termini che non siano larvali e passivi. Tutte le sue azioni di dissenso si svolgono, per così dire, “in difesa”. Egli tira solo a sopravvivere, cercando di conservare il più a lungo possibile se stesso.

È conscio della sconfitta finale, come ha già fatto notare il Greenblatt, che così ha scritto:

“The dramatic tension of 1984 is not wether Winston will be able to revolt successfully against the Party, for such revolt is inconceivable. By means of a spying device called a telescreen, the thought police keep all Party members under constant surveillance, and Winston knows that he is doomed from the moment he has his first heretical thought. The tension of the novel concern how long he can stay alive and whether it is possible for Winston to die without mentally betrayinh his ribellion” 6.

Il dramma, quindi, si pone in termini di libertà interiore. Per quanto concerne la libertà nel suo senso più ampio, infatti, Orwell era ormai arrivato a un pessimismo senza scampo.

E non aveva torto. La pericolosa novità del potere nella civiltà contemporanea è, infatti, la sua enorme forza fagocitante. Il potere di tipo tradizionale si poneva come pura espressione di rapporti di forza e ciò lo rendeva intimamente debole. I rapporti di forza possono sempre cambiare, e, soprattutto, chi subisce quel tipo di potere ha sempre la chiara consapevolezza di subire un’ingiustizia, quindi potenzialmente è già un ribelle e, in ogni caso, interiormente è un uomo libero.

Il potere che incombe su Winston Smith, invece, è chiuso e inaccettabile. Esso già con la continua sorveglianza, oltre a premunirsi efficacemente rispetto alle ribellioni, uccide ogni germe d’intimità, di solitudine. Difficilmente, infatti, chi è in compagnia pensa.

Il potere così non dà all’uomo il tempo di pensare. In compagnia, inoltre, ci si sente sempre sorvegliati, spiati, tanto più che il potere favorisce in tutti i modi la delazione, anche quella dei figli contro i padri.

Infatti:

“It was almost normal for people over thirty to be frightened of their own children. And with good reason, for hardly a week passed in which the “Times” did not carry a paragraph descriving how some eavesdropping little sneak – “child hero” was the phrase generally used – had overheard some compromising remark and denounced its parents to the Thought Police” 7.

A furia di reprimere i loro pensieri, a furia di avere paura di assumere atteggiamenti eterodossi, gli abitanti di Oceania hanno finto per perdere ogni capacità di pensieri autonomi.

A questo punto scatta il secondo livello dell’azione del potere: il bombardamento psicologico. In tal modo, il potere riempie i cervelli che prima ha svuotato dei suoi “pensieri”. Ecco perché dappertutto campeggia la scritta che perseguita Winston come un incubo:

“WAR IS PEACE

“FREEDOM IS SLAVERY

“IGNORANCE IS STRENGHT” 8

È chiaro che in questo contesto è impensabile una qualsiasi opposizione organizzata che abbia speranza di successo.

La lotta di Winston deve per forza esprimersi ad un livello larvale. Non può pensare di rovesciare il potere, gli basterebbe ritardare un po’ prima di diventarne completamente succube, avere alcuni brevi attimi di libertà interiore.

Winston, così, inizia la sua battaglia recuperando la dimensione intima dell’uomo. Compra in un negozio un vecchio diario e di nascosto comincia a scriverlo.

Dal momento in cui comincia a narrare la sua versione del mondo che si vede intorno, evadendo la sorveglianza degli onnipresenti teleschermi, anche se lo fa nel segreto della sua camera e nessuno è destinato a leggere le sue note, comincia la sua ribellione e sa già di essere un condannato. È un fuorilegge e per questo in una pagina, a lettere cubitali come quelle degli slogan, può scrivere:

“DOWN WITH BIG BROTHER

“DOWN WITH BIG BROTHER

“DOWN WITH BIG BROTHER” 9.

Più avanti, egli passa a forme più coscienti di ribellione.

Per esempio s’innamora (ed è ricambiato) di una sua collega, Julia. Potrebbe sembrare una banalità, ma in una società dove si parla di sesso nei termini in cui se ne parla in Oceania (e vedremo più avanti la funzione che ha per il potere la repressione sessuale) innamorarsi appare come il peggiore dei delitti, naturalmente dopo l’alto tradimento.

Col rapporto sessuale che gli permette di esprimersi a un livello naturale, Winston esce dalla generica insofferenza, da quelli che Vittorini avrebbe chiamato “astratti furori”, e si apre agli altri. Ma col gusto del dialogo aumentano vertiginosamente anche i rischi di essere scoperto. Così, Winston e Julia, parlandosi e amandosi, cominciano a cercare anche una coscienza teorica della loro ribellione. E qui cadono nella trappola di O’Brien, un gerarca del regime che finge di assecondare i loro disegni eversivi per intrappolarli meglio.

Il bisogno di capire, in questo modo, porta i due amanti a leggere l’opera di Emmanuel Goldstein (e non a caso il nome è riconoscibile subito come quello di un ebreo), colui che il regime di Oceania addita come il nemico pubblico n. 1.

1 Irving Howe, op.cit., pag. 254.

2 Ibidem

3 Theodor Roszak, La nascita di una controcultura, Milano, Feltrinelli, 1971, pag. 203.

4 Ibidem

5 Irving Howe, op. cit., pag.252.

6 Stephen J. Greenblatt, op.cit., pag. 69-70. Trad.: “La tensione drammatica di 1984 non consiste nell’ipotesi che Winston sia capace di ribellarsi con successo al Partito una tale rivolta per lui è inconcepibile. Per mezzo di una telecamera, la psicopolizia mantiene tutti i membri del Partito sotto una costante sorveglianza, e Winston sa che egli è condannato fin dal momento in cui ha avuto il primo pensiero eretico. Le tensioni del racconto riguardano quanto tempo egli potrà restare vivo e se sarà possibile per Winston morire senza tradire dentro di sè la sua ribellione”. 

7 George Orwell, Nineteen Eighty-Fo, op.cit., pag.36. Vers.it. G.Orwell, op.cit., pag.48. Trad.: “Era un fatto del tutto comune, per le persone al disopra dei trent’anni, d’esser spaventate e tenute in soggezione dai loro stessi figliuoli. e con ragione, perché non passava settimana senza che il Times pubblicasse una notizia su uno di cotesti piccoli farabutti di delatori (“fanciullo eroe” era tuttavia la parola generalmente usata) che, avendo udito pronunciare una qualche frase compromettente dai suoi stessi genitori, li avevano denunciati alla Psico-polizia.

8 Ibidem, pag. 31. Vers.it. ibidem p.39 “La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”.

9 Ibidem, pag.32. Vers.it. Ibidem, pag.42: “Abbasso il Grande Fratello, abbasso il Grande Fratello, abbasso il Grande Fratello”.

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